In tre anni Matteo Renzi ha mandato in fumo il suo progetto politico. Come un moderno - e ben più modesto - Principe Valentino, ha praticato una strategia imprudente, basata su una bulimia della comunicazione, dimenticando - o ignorando - che se questa non sia saldamente ancorata ai contenuti, rivelerà prima o poi tutta la sua inconsistenza, con l'effetto di una caduta repentina quanto disastrosa.

Congresso inevitabile. Renzi è già sconfitto

La forza dell'ex premier, nel Pd, si è basata fin qui su una coalizione di correnti che vede al centro l'area più corposa rappresentata dai popolari di Franceschini.

Poi ci sono gli altri azionisti: Orlando e Orfini, Martina, la componente veltroniana e tutto il resto di una galassia vasta e fitta più di quella democristiana che dominò la cosiddetta "prima repubblica". Adesso, il tema delle elezioni, della legge elettorale e della possibile scissione, ha fatto breccia tra i leader provocando alcuni riposizionamenti. E le certezze del segretario di ottenere un nuovo mandato vengono meno. L'unica possibilità per lui è quella di "rintanarsi" e di appoggiare una figura di transizione. Non lo farà. E verrà sconfitto. Fine della sua parabola. Chi colmerà il vuoto di leadership?

Emiliano: il Bud Spencer capace di unificare il Pd

Il Presidente della Regione Puglia è il più accreditato a sostituire Renzi nella carica di Segretario nazionale.

Autorevole. Esperto. Meridionale. Già, perché è dal Sud che il Partito Democratico può trarre il massimo del consenso in vista delle prossime sfide elettorali. Anche Massimo D'Alema non perderà l'occasione di scalzare definitivamente il "rottamatore" dalla scena politica. Alternative? L'ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia oppure Enrico Rossi, un altro presidente di regione, la Toscana.

Ma non possiedono il carisma di Michele Emiliano che con quella barba, la stazza ed il vocione, ricorda una figura molto amata: Bud Spencer, l'eroe buono. Nella politica attuale l'apprezzamento popolare conta moltissimo. Specie in vista delle elezioni politiche.

Per difendere la Raggi, Grillo perde consensi

Il problema dei 5 Stelle è la loro cultura da assemblea di condominio.

Non che si possa dire diversamente degli altri partiti. Tuttavia, nel soggetto politico di Grillo e Casaleggio non esistono regole, tutto è evanescente, la logica è quella dei social: bla bla e poi vediamo quanti "mi piace" ottengo. La vicenda del sindaco di Roma è esemplare: la Raggi è un'evidente incapace, il riflesso femminile di un bulletto arrogante, un'affastellatrice di chiacchiere. Eppure, Beppe Grillo continua a difenderla oltre ogni ragionevolezza. La città è in coma, i romani cominciano ad averne le scatole piene. E Grillo rende chiaro al Paese come non abiti dalle parti del M5S una politica quantomeno affidabile. Così, anche esperienze positive come quella dell'Appendino, ottimo sindaco di Torino, vengono svilite e sacrificate sull'altare della Raggi.

Errore fatale.

Berlusconi il sempreverde

Nella confusione politica di un'Italia che da più di vent'anni si trascina da un fallimento all'altro, l'unico a potersi proporre indossando la grottesca maschera del saggio combattente è l'ottuagenario Silvio Berlusconi, ammesso che riesca a rimettere insieme i cocci di un frantumato centrodestra. Come? Sfruttando una possibile sentenza a lui favorevole da parte della Corte di Strasburgo. Seguendo la scia della suggestione creata dalla vittoria di Trump. Ma sono troppe le incognite per suggerire una credibile alternativa a Pd e M5S.

L'Italia rischia una nuova, devastante crisi

La situazione non è rassicurante. Bilancio pubblico disastroso. Banche alla corda.

Disoccupazione altissima. Ricerca e sviluppo inesistenti. Scuola e università al palo. Giustizia al collasso. Produttività in affanno (Pil allo 0,8 mentre in Europa la media è 1,7). Burocrazia sempre più invadente. Fiscalità vorace e depressiva. Criminalità e corruzione crescenti. Una nazione così può permettersi una classe politica in crisi d'identità?