Dopo che sono trascorsi decenni dalla fine della Guerra Fredda, si riaffaccia inquietante l'incubo di un conflitto nucleare e di una Guerra mondiale che verrebbe combattuta con mezzi e tecniche da non lasciare speranza all'umanità. Ci riferiamo nello specifico alle minacce e alle prese di posizione aggressive che gli USA, attraverso le dichiarazioni del suo neo-segretario di Stato Rex Tillerson, hanno adottato nei confronti delle provocazioni di Kim Jong-un e della Corea del Nord, che pochi giorni fa ha lanciato dei missili in direzione del Giappone in segno di sfida all'Occidente.
Naturalmente, in questa tensione storica, una posizione da protagonista la ricopre la Cina, paese nel mirino delle accuse del Presidente Trump, insofferente per le politiche del nuovo presidente soprattutto sul piano economico-finanziario.
Il doppio valore della narrazione distopica
Nel corso dei decenni di Guerra Fredda, l'immaginario della cultura popolare si è alimentato incessantemente dell'incubo del cataclisma nucleare: soprattutto tra gli anni '70 e per tutti gli anni '80, la narrativa sci-fi si è dedicata a scenari post-apocalittici, che spesso proponevano la visione distopica di un'involuzione dell'umanità e di un ritorno a un tribalismo primitivista dopo l'azzeramento della civiltà per mano delle armi atomiche.
Questa visione ha toccato le corde dell'immaginario popolare su più livelli: si trattava di una forma di fascinazione angosciante che ha sempre attratto in particolare le giovani generazioni, dal momento che le condizioni di benessere e pace hanno stimolato la costruzione immaginifica di destini alternativi. La società opulenta del consumo ha così mistificato e compensato l'orrore della tragedia atomica attraverso narrazioni fantascientifiche, che come detto spesso mostravano un ritorno alla fase pre-civilizzata seppur proiettata al futuro; la pulsione di morte, ovvero il thanatos e l'attrazione per la catastrofe, sono stati ben assimilati dal mercato, che ha incamerato il rischio di una “morte globale” traducendola però in narrazioni irreali sfruttandone il potenziale di fascinazione.
In questo senso, le narrazioni catastrofiste e distopiche hanno assunto un doppio valore: da un lato l'investimento libidico per il fascino della sciagura mondiale, dall'altro però la dimensione catartica offerta dall'operazione di mistificazione immaginaria; in altre parole, dal momento che la fantascienza non può mai coincidere con la realtà, si è tentato di scongiurare la minaccia di una catastrofe reale raccontandola e inventando una catastrofe fasulla.
Se la realtà non può coincidere con la fiction per definizione, allora raccontare l'orrore avrebbe significato sfruttarne l'attrattiva perversa ma mantenendo a distanza il rischio di un orrore reale e concreto. Scaricare la potenza dell'immaginario esclusivamente sul piano della finzione ha garantito che tale potenza non si traducesse nella concretezza della vita vera.
La minaccia attuale: la finzione diventa Storia
Non è un caso che le origini di un possibile nuovo conflitto nucleare riguardino in modo diretto un paese come il Giappone, che più di tanti altri nel corso degli ultimi decenni ha alimentato il proprio immaginario col racconto della catastrofe nucleare e la fine del mondo (pensiamo a prodotti anime come ken shiro o Akira).
Oggi proprio in quella parte del mondo si pongono le basi di una possibile traduzione dell'immaginario in Storia, invertendo un rapporto classico che vedeva la narrazione svilupparsi a partire dai fatti reali. Oggi è la Storia a strutturarsi sull'immaginario e sulla finzionalità narrativa, perché l'immaginario, arrivato a un punto estremo di entropia, non ha altro spazio dove diffondersi che la Storia e la vita reali: per queste ragioni alla narrazione distopica non è più sufficiente il cinema o il fumetto, e per mantenere il suo potere di fascinazione intende tradursi nella vita reale in maniera masochistica e suicida.