Roma. Questa mattina il Senato ha approvato il disegno di legge che dovrebbe introdurre il reato di tortura nel codice penale italiano, divieto già previsto da diversi atti internazionali. Con 195 sì, 8 no e 34 astenuti il ddl riceve il via libera. Il presidente della Commissione per i diritti umani e primo firmatario del disegno di legge, Luigi Manconi, ha deciso di non partecipare al voto, spiegando: "Il 15 marzo 2013 presentai un ddl sulla tortura. Quanto accaduto in questi anni è stato lo stravolgimento di quel testo che ricalcava lo spirito profondo che aveva motivato la Convenzione e i trattati internazionali sul tema".

Nonostante la condanna dell'Italia nel 2015, da parte della Corte di Strasburgo, per i reati di tortura perpetrati durante il G8 di Genova nel 2001, tale legge ancora fatica a vedere la propria pubblicazione. Sebbene oggi il testo abbia avuto il benestare del Senato, come da iter, il disegno di legge torna a Montecitorio, perché nuovamente modificato. Il punto saliente della controversia e del malumore suscitato sembra riguardare la circoscrizione del reato ai pubblici ufficiali e alla legittimità delle loro azioni, precisando che il reato di tortura vi sia nel caso in cui si verifichi l'aggravante dell'abuso di potere. L'accordo trovato verte, invece, sull'estendere il reato di tortura come reato comune, ovvero imputabile a chiunque e non solo circoscritto alle forze dell'ordine.

Stravolgimento del testo originale e del decreto della Convenzione.

Nello specifico, la Convenzione ONU del 1984, decreta che si puniscano i pubblici ufficiali che provocano gravi sofferenze fisiche o psichiche a detenuti o comunque a persone sotto il loro controllo, al fine di estorcere informazioni o confessioni o punirle indebitamente.

L'Italia ha sottoscritto la convenzione, ma il Parlamento ancora non ha approvato la legge ratificata, nonostante le sollecitazioni sia internazionali sia da parte di più gruppi popolari. Come mai, dopo trent'anni dalla Convenzione ONU, l'iter della legge che introduce il reato di tortura sembra essere ancora lungo? Eppure i casi eclatanti di cui fare ammenda purtroppo sono tanti!

La principale risposta a questo quesito è da leggere tra le righe di una politica di circostanza che in Italia, ancora oggi, prende piede a secondo dei vari gruppi di Parlamentari che si sono susseguiti. Temporeggiando dietro l'attenuante che nel codice penale italiano vi siano delle fattispecie riconducibili alle condotte decretate dalla Convenzione ONU sopracitata, l'Italia ha scelto provvisoriamente di fare a meno di questa legge, reputandola di non primaria importanza. Alcuni tentativi, seppur precari, di una legge che punisca tali reati, sono stati fatti, o quanto meno accennati.

Trent'anni di attesa

Una delle prime proposte in materia risale al 1989 e porta la firma di Nereo Battello, allora senatore del Pci.

Nel 1991 anche l'esponente dei Verdi, Franco Corleone, mosse una successiva proposta di legge. In entrambi i casi, i testi non furono presi in esame dall'assemblea. In seguito venne il turno del governo di Silvio Berlusconi e di tre proposte di legge (1999) che però non andarono mai oltre la discussione in Commissione Giustizia. Poi fu la volta di un'iniziativa governativa, nel 2000, firmata dall'allora ministro della Giustizia Piero Fassino e dal ministro degli Esteri Lamberto Dini, la quale però non mirava ad introdurre un reato specifico di tortura, ma semplicemente una "circostanza aggravante".

Successivamente vennero presentati in Parlamento altri sette disegni di legge, discussi in Commissione di Giustizia e unificati in un unico testo di legge firmato da Gaetano Pecorella, al tempo deputato di Forza Italia.

La proposta era quella di introdurre un reato autonomo di tortura, punibile fino a 15 anni di carcere. Tale proposta fu arrestata da un emendamento firmato dalla parlamentare della Lega Nord Carolina Lussana, sopraggiunto in relazione alle incertezze suscitate dal requisito di reiterazione delle violenze, requisito che escluderebbe il reato di tortura qualora si fossero palesate in un unico episodio.

Tra il 2006 e il 2013, anni in cui si sono susseguiti i governi Prodi e Berlusconi e infine il governo tecnico di Monti, ci sono state ben venti proposte di legge atte ad introdurre il reato di tortura, ma nessuna di esse ha mai raggiunto l'aula di dibattito. Giungendo così all'attuale testo, frutto di molteplici proposte di legge che vede come primo firmatario il senatore del Pd Luigi Manconi, approvato dalla Camera del Senato nel marzo 2014.

Questa prima bozza, però, rimarcava tale reato come riconducibile a chi esercita pubbliche funzioni. Come accennato in precedenza, il disegno è stato modificato, sottolineando il reato di tortura come reato comune, imputabile a chiunque.

Ad oggi, viste le testimonianze della pagine di cronaca italiana e le relative sentenze giuridiche, si può ben intuire che la circoscrizione del reato qui citato potrebbe risultare necessario per la credibilità di una legge effettivamente "uguale per tutti". Accuse certamente forti che trovano le basi negli eclatanti casi di mancata giustizia. Bisognerà attendere il riesame della Camera per verificare gli ulteriori sviluppi di una situazione in stallo da più di trent'anni, augurandoci che questa sia la volta buona che lo Stato italiano, parafrasando una canzone dei Casa del Vento, riaccenda le luci del diritto, infondo lo si deve a tutte le vittime che non hanno ricevuto giustizia.