Nella puntata di questo venerdì 19 maggio di "Otto e Mezzo" su La7 è intervenuto Walter Veltroni, primo segretario della storia del Pd e attualmente attivo come regista, il quale è stato intervistato dalla conduttrice Lilli Gruber e da Giovanni Floris. Ecco le parti salienti di quello che ha detto.
'Ecco le differenze fra il mio PD e quello di Renzi'
Entrando nel dibattito di attualità politica, Veltroni ha detto: "E' importante che si esca da una fase di instabilità che dura ormai da inizio legislatura. Il Paese non può continuare così, ha bisogno di riforme, innovazione e serenità: il clima è più velenoso oggi rispetto ai tempi della guerra fredda.
Oltre alle idee ci sono le persone: le idee non finiscono con le persone che le portano avanti e si consegnano a chi viene dopo. Guardando l'Europa e l'occidente vedo che oggi la sinistra è in crisi ovunque".
Come giudica il Matteo Renzi segretario del PD e quali differenze ci sono con la gestione del partito ai tempi di Veltroni? "Come segretario del PD è difficile giudicarlo perché è stato un periodo abbastanza breve, però distinguo la linea politica dalle persone. Io tendevo a includere: il mio 'ma anche' era la libertà. Io poi venivo dalla sinistra mentre lui legittimamente viene da un'altra storia. Il PD nasce con l'obiettivo di far sì che la sinistra italiana non fosse minoritaria, io ero e resto convinto che una sinistra innovatrice è in grado di ottenere un largo consenso.
Per me la 'vocazione maggioritaria' non era andare da soli, io mi alleai con Di Pietro e con i Radicali: non avevamo l'idea dell'isolamento ma quella di costruire un'alleanza basata su un partito principale che garantisse l'indirizzo riformista del Governo, con una convergenza fatta su un programma e non contro qualcuno".
Ma quale giudizio dà del bilancio degli ultimi anni del PD?
"Io per diversi anni non ho partecipato all'Assemblea nazionale del partito fino al giorno in cui si è poi consumata la scissione, peraltro ho fatto un'intervento per scongiurarla ma ho avuto l'impressione che alla fine essa non fosse malvista da nessuno dei contraenti. Io continuo a pensare invece che il centrosinistra deve convivere con la diversità, un grande partito di alimenta della diversità e non dell'omogeneità.
Io temo che la maggioranza possibile nel paese oggi possa essere di centrodestra, anche se hanno un problema di leadership. Il PD non è nato per fare 'governissimi', il centrosinistra deve candidarsi alla guida del paese con un forte programma riformista e uno sguardo rivolto al popolo, perché il populismo non si combatte alleandosi con Berlusconi ma assumendo dentro se' il dolore e il disagio della gente, proponendo soluzioni innovatrici".
'Bene se Pisapia riesce a unire le forze e portarle nel centrosinistra, il PD non vada da solo'
Il PD può tornare ad allearsi con chi sta alla sua sinistra? "Pisapia è una persona di grande saggezza ed equilibrio, secondo me se lui riuscisse a mettere insieme le forze, fra le quali anche coloro che poco tempo fa hanno lasciato il PD, per portarli in un'alleanza di centrosinistra, io lo riterrei un fatto positivo.
Io non direi 'mai alleanze con chi è uscito' perché in fondo hanno convissuto per anni nello stesso partito, pur nelle differenze. Qual è l'alternativa? E' l'andare da soli nel senso letterale del termine, ma ciò non sarebbe la 'vocazione maggioritaria', la quale è invece la centralità delle tue proposte programmatiche, la tua forza elettorale e la tua capacità di determinare un indirizzo. Peraltro non si sa con quale legge elettorale si voterà: mi farebbe paura il sistema proporzionale perché avremmo tre blocchi del 30% circa che non possono allearsi fra loro e rischiamo di andare subito a votare di nuovo".
Cosa pensa di una possibile alleanza PD-Forza Italia? "La riterrei un'anomalia perché non siamo in Germania, ma parliamo di due partiti che si sono combattuti molto duramente per anni, le cui sintonie programmatiche mi sfuggono.
Se vogliamo regalare il paese al populismo possiamo annunciare l'alleanza fra sinistra e Berlusconi. Basta con la dicotomia fra rissa e inciucio, ci si presenti agli italiani dicendo che siamo diversi e che questo è il nostro programma per creare una maggioranza".
Si è stupito che D'Alema sia stato fra i promotori della scissione? "Un po' si, io e Massimo abbiamo discusso per decenni alla luce del sole, ma ho sempre pensato che alla fine l'idea di stare dentro la stessa casa, pur litigando, fosse anche per lui un principio. Le cose sono andate diversamente, le responsabilità sono diffuse. Mi spiace per tutte le persone che in questi anni non hanno più votato". Poi Veltroni ha aggiunto: "1,8 milioni di persone alle primarie di questi tempi sono tanti però mi chiederei che fine hanno fatto quei 1,5 milioni che avevano votato in passato per me e per chi era venuto dopo; il PD vada a riconquistarli uno a uno.
La sinistra purtroppo si è sganciata dalle condizioni materiali di vita delle persone che dovrebbe rappresentare, ovvero quelli che hanno di meno".
'M5S incognita che può diventare pericolo, sfidarli ma non demonizzarli'
Cosa pensa della possibile vittoria del Movimento 5 Stelle alle elezioni politiche? "Vittoria per fare che cosa? Quali sono le linee con cui si vuole governare questo paese? Sarebbe un'incognita, però un'incognita per un'Italia che sta così può diventare un pericolo. I 5 Stelle hanno raccolto tanto voti che nel 2008 erano del PD e poi sono andati altrove, non è che sono dei pericoli pubblici, hanno saputo intercettare il malcontento e gli hanno dato una risposta semplificatrice e spesso demagogica, ma con loro bisogna sostenere una battaglia culturale e politica, non demonizzarli".
'Quando io ero sindaco Roma aveva orgoglio, oggi no'
Infine sulla città di Roma, Veltroni ha detto: "Non do giudizi per correttezza su chi fa il lavoro che io ho svolto per 7 anni. Ma posso dire che ai tempi miei e di Rutelli Roma aveva un ruolo importante nel mondo. Il mio slogan nel 2006 era "Orgogliosi di essere romani" e prendemmo il 62%. La città cresceva il doppio rispetto al resto del paese e c'era uno spirito pubblico molto sano. Chiaramente problemi ce ne sono in tutte le grandi città del mondo, ma Roma aveva l'orgoglio della sua identità: oggi invece no. E non solo per colpa della Raggi, ma in generale per colpa della politica a Roma".