La discussione tra i partiti italiani sullo ius soli, la legge con cui si vorrebbe assegnare la cittadinanza a tutti i nati sul territorio del Belpaese, procede dentro e fuori dal parlamento con violente contrapposizioni tra favorevoli e contrari. Tutto all’interno dei legittimi binari politici e costituzionali, si intende, se non fosse per l’illecito intervento nel dibattito della Città del vaticano. Anche se la Santa Sede non ha ancora preso una posizione ufficiale, il 19 giugno scorso l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato vaticana, parlando di Ius soli, ha dichiarato di attendere con rispetto le decisioni del parlamento italiano ma, ha aggiunto, “è chiaro che vorremmo che si riconoscesse la dignità delle persone che arrivano nel nostro Paese e quindi a chi nasce qui in Italia venga riconosciuta la cittadinanza”.

Parole di apparente buon senso e carità cristiana, per definizione proprie di qualsiasi prelato che, però, vanno a cozzare con la legislazione adottata dallo Stato della Città del Vaticano in materia di cittadinanza.

La legislazione vaticana sulla cittadinanza

Partiamo dai numeri. Le leggi su immigrazione e cittadinanza della Santa Sede sono regolate dai Patti Lateranensi, firmati con Benito Mussolini nel 1929, e da una successiva legge promulgata da Benedetto XVI il 22 febbraio 2011. Le persone residenti nella Città del Vaticano nel 2016 erano 836. Di queste, solo 450, tra laici e prelati, hanno il privilegio di possedere la cittadinanza vaticana. Le regole per ottenerla, poi, sono molto stringenti ed è anche molto facile perderla.

Tutto il contrario dell’auspicata legge sullo ius soli. Intanto, la popolazione del minuscolo staterello (solo 44 ettari la sua estensione) è formata esclusivamente da immigrati, perché nessuno partorisce all’interno delle mura fatte costruire da papa Leone IV nel IX secolo.

Lo stesso Mario Bergoglio è divenuto cittadino vaticano solo al momento della elezione a papa con il nome di Francesco.

Ed è lui, in quanto capo di una monarchia assoluta, a concedere o revocare discrezionalmente la cittadinanza. Particolarità unica al mondo, i figli dei cittadini, al compimento dei 18 anni, perdono automaticamente la cittadinanza e sono costretti a chiedere la residenza e il permesso di soggiorno in Vaticano. Una norma, anche questa, che va in direzione esattamente opposta da quanto stabilito dallo ius soli.

Per non parlare, poi, della completa assenza di clandestini, scoraggiati e bloccati dalle alte mura e dai controlli ferrei messi in atto dalla gendarmeria vaticana.

Insomma, per essere cittadini vaticani bisogna essere cardinali residenti nel Comune di Roma, oppure laici trasferitisi in territorio vaticano per ragioni di lavoro. Anche i parenti di primo grado, se conviventi sotto lo stesso tetto, ottengono l’ambito privilegio, salvo perderlo, come detto, in caso di raggiungimento della maggiore età, o di annullamento del matrimonio e separazione legale. Chicca finale: chi perde la cittadinanza del Vaticano, se non ne ha un’altra ‘disponibile’, diventa automaticamente italiano.