Il vero confronto politico in Libia è quello tra Italia e Francia ed il governo di Roma ha probabilmente puntato sul cavallo sbagliato. La tesi si sposa alla perfezione con ciò che è accaduto nelle ultime settimane nel Paese nordafricano. Tanto di cappello o, come dicono i francesi, chapeu per Emmanuel Macron che è riuscito con un vero colpaccio diplomatico a far sedere allo stesso tavolo i due leader che si contendono il controllo della Libia. Fayez al-Sarraj, presidente del governo di Accordo Nazionale, ed il generale Khalifa Haftar, capo di Stato Maggiore del governo cirenaico di Tobruk, si sono impegnati in quel di Parigi per un cessate il fuoco immediato e per l'organizzazione di elezioni nazionali che dovrebbero tenersi nella primavera del prossimo anno.
Non è un segreto per nessuno che la Francia sostiene Haftar, al pari di Russia ed Egitto e che l'ex ufficiale del regime di Gheddafi sia in questo momento il leader più accreditato per prendere il controllo del Paese. Sospinto dai successi militari che lo hanno portato ad occupare l'intera Cirenaica, parte del Fezzan ed a penetrare in Tripolitania, Haftar esce rafforzato dal vertice di Parigi. La controparte, più debole dal punto di vista militare, ha dunque optato per l'unica contromossa possibile: il supporto italiano.
Il ruolo dell'Italia
La richiesta del premier al-Sarraj è stata accolta con dovuta soddisfazione dal governo Gentiloni. In fin dei conti quella che viene presentata come una missione per porre un freno all'attuale emergenza migratoria è, invece, l'ultima occasione per l'Italia di incidere sulla questione libica che in questo momento vede saldamente in cabina di regia la Francia.
L'esecutivo romano ha dunque sancito l'invio di ulteriori unità navali a sostegno della Guardia Costiera di Tripoli. Si tratterà, nello specifico, del gruppo di fregate e pattugliatori già impiegati nell'operazione 'Mare Sicuro' che saranno affiancati da una nave per operazioni anfibie classe San Giorgio. Quest'ultima avrà il compito di raccogliere e riportare in Libia eventuali migranti clandestini.
Ciò che al-Sarraj chiede all'Italia, ufficialmente, è il sostegno nella lotta ai trafficanti di esseri umani. La Marina Militare opererà solo se autorizzata dall'autorità libica ed esclusivamente in coordinamento con le forze navali locali. In realtà il contributo logistico delle forze italiane è fondamentale nel disegno ipotizzato da al-Sarraj, ma dovrà essere il più discreto possibile in modo da far risaltare il lavoro della Guardia Costiera del governo di Accordo Nazionale.
L'ultima occasione per incidere sulla questione libica
Il traballante esecutivo al-Sarraj, oltre alla tregua armata con Haftar, deve guardarsi dalle forze islamiste fedeli all'ex premier Khalifa Gwell attualmente schierate a meno di 100 km da Tripoli ed anche dai miliziani che agiscono praticamente indisturbati sulla fascia costiera che va da Tripoli al confine tunisino. Costoro hanno nei traffici di esseri umani la spina dorsale del loro sostentamento. Gli introiti in tal senso sono stati stimati pari al 30-50 per cento del prodotto interno lordo dell'intero Paese. Il contrasto a queste milizie è la risposta, strategica e Politica, di Fayez al-Serraj alle vittorie militari del generale Haftar.
Vista sul versante italiano, è un modo per alleggerire la pressione del Belpaese sottoposto a sbarchi massicci di immigrati dalle coste libiche, ma soprattutto un'opportunità per rafforzare l'alleato.
Le proteste di Tobruk
Si gioca praticamente a carte scoperte ed il generale Haftar non ha perso occasione per scagliarsi contro l'acerrimo rivale, definito a meno di 24 ore dagli accordi di Parigi "un fanfarone che non ha alcuna autorità a Tripoli". Nel mirino del governatore di Tobruk anche l'Italia, la cui missione viene bollata senza mezzi termini al pari di "una violazione della sovranità dello Stato libico". In merito, il governo cirenaico ha prodotto un documento ufficiale in cui si accusa Roma di "sfruttare il problema migranti per intromettersi nelle questioni interne della Libia con un intervento militare".
Non è la prima volta che Khalifa Haftar spara a zero sull'Italia, la cui colpa agli occhi di Tobruk è quella di "sostenere un governo illegale".
Smacco francese o incapacità italiana?
Volendo leggere tra le righe, c'è qualcosa di vero in ciò che afferma Haftar. Sebbene la visione di un'invasione militare sia puramente propagandistica, la questione migranti è attualmente in secondo piano rispetto alla necessità di sostenere la leadership di al-Sarraj dal cui futuro dipenderà il livello di influenza italiana su quella che fu una colonia del governo di Roma per oltre trent'anni. Se la richiesta del supporto navale italiano da parte del premier riconosciuto dall'ONU è la contromossa alla posizione di vantaggio accumulata da Tobruk, la missione decisa dal governo Gentiloni è la risposta ai successi strategici e diplomatici di Parigi.
Macron ha dato però un'autentica lezione politica all'Italia perché, sebbene sostenga apertamente Haftar, è comunque disponibile a sedersi e dialogare con la controparte, a differenza di Roma che è sempre stata diffidente verso Tobruk ed ha semplicemente accolto una leadership virtuale decisa dalle Nazioni Unite sulla spinta di Stati Uniti e Gran Bretagna. Decisione legittima che però non deve precludere la possibilità di negoziare con le altre parti in causa nello scacchiere libico. Consideriamo assolutamente inopportuna la presa di posizione di parte dell'opinione pubblica che ha definito il comportamento del presidente francese come uno 'smacco all'Italia'. Macron tutela semplicemente gli interessi del suo Paese nelle questioni internazionali, cosa che tutti i governi italiani degli ultimi anni sono stati incapaci di fare.