Ieri, martedì 12 settembre 2017, la Camera dei Deputati (con 261voti favorevoli, 122 contrari e 15 astenuti) ha approvato la proposta di legge, primo firmatario Emanuele Fiano del Pd, che introduce il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista. Favorevoli al provvedimento, in pratica, solo il partito del segretario Matteo Renzi e gli alleati di governo di Area Popolare di Angelino Alfano. Contrarie tutte le altre forze politiche, dal M5S a Forza Italia, passando per Lega Nord e Fratelli d’Italia. Ora, per divenire definitivamente legge dello stato, il testo firmato dal deputato piddino di origini ebraiche, Fiano, dovrà passare per le forche caudine del Senato, dove la maggioranza Pd-Ap può contare su numeri risicati.
Ma i dubbi di giuristi e addetti ai lavori si rivolgono adesso sulla costituzionalità del provvedimento contro la propaganda fascista che potrebbe entrare in conflitto con la cosiddetta legge Scelba n. 645 del 1952 e, soprattutto, con l’articolo 21 della Costituzione italiana.
La legge Fiano contro l’articolo 21 della Costituzione
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Così recita la prima parte dell’artico 21 della Carta Costituzionale della Repubblica italiana che si prefigge di tutelare la libertà di espressione. Secondo diversi giuristi interpellati dalla stampa (tra cui il Fatto Quotidiano), dunque, la proposta di legge targata Emanuele Fiano, che inserisce l’art.
292-bis del codice penale tra i delitti contro la ‘personalità interna dello Stato’, potrebbe rivelarsi incostituzionale. Questo perché, come scritto sopra, l’articolo 21 della Costituzione del 1948 assicura la libertà di pensiero, compresa quella di propagandarlo. Mentre, invece, la nuova legge si prefigge di punire con il carcere (da 6 mesi a 2 anni) proprio gli atti di propaganda del fascismo e del nazismo.
La stessa Consulta, poi, nel 1958, aveva stabilito la non punibilità di manifestazioni come il cantare inni fascisti.
Conflitto anche con la legge Scelba
Altro ostacolo per l’applicazione della legge Fiano è la legge Scelba del 1952 che ha lo scopo di punire tutti coloro i quali “promuovano o organizzino sotto qualsiasi forma la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto regime fascista”.
All’apparenza, quindi, nessun contrasto tra la Scelba e la Fiano. Ma il provvedimento del ’52 è stato più volte oggetto di revisioni e interpretazioni da parte della Corte Costituzionale. La Consulta, infatti, ha deciso di rendere punibili solo gli atti di apologia e di propaganda fascista concretamente idonei alla ricostituzione del partito fondato da Benito Mussolini.
Niente carcere, dunque, per gesti come il saluto romano o la commercializzazione e l’acquisto di gadget con tema nazi-fascista. Proprio la fattispecie di comportamento che la legge Fiano, una volta approvata definitivamente, vorrebbe trasformare in reato. Una sorta di museruola messa dalla Corte alla legge Scelba, altrimenti troppo repressiva.
Le raccomandazioni della Consulta sono state più volte recepite dal parlamento, diventando di fatto un principio di rango costituzionale. Come nel caso della legge n. 85 del 2006 sulle “modifiche al codice penale in materia di reati di opinione”. Questa legge vieta di punire penalmente “fatti minori ed estemporanei, che altrimenti non sarebbero punibili, come il saluto romano”, come invece sarebbe nelle intenzioni della legge Fiano.