In questa fase della vita politica statunitense, i rapporti tra mondo politico e Federal Bureau of Investigation (FBI) non sono certo semplici. Nel maggio del 2017 il direttore dell'agenzia James Comey venne licenziato direttamente da Trump mentre indagava sulle collisioni tra il comitato elettorale dell'attuale presidente con la Russia durante la campagna elettorale. Le indagini sul cosiddetto Russiagate sono ora in mano al consigliere speciale Robert Mueller che, secondo un rapporto del New York Times, Trump (che ha bollato la notizia come fake news) avrebbe provato a licenziare a sua volta.

Comey era stato precedentemente criticato anche per la presunta morbidezza nella gestione dell'affaire delle controverse email di Hillary Clinton, una storia che ora fa cadere un'altra testa: quella del vicedirettore Andrew McCabe, dimessosi ieri dopo mesi di attacchi diretti dalla Casa Bianca. Anche McCabe è accusato di essere andato leggero sul caso Clinton. Intanto, i repubblicani della commissione intelligence della Camera, votano per la diffusione di un documento segreto, che accusa l'agenzia di controlli illegittimi sulla campagna di Trump nel 2016. Ma andiamo con ordine.

L'Fbi difende Clinton?

Le dimissioni di Andrew McCabe erano nell'aria. Il vicedirettore subisce da mesi gli attacchi della Casa Bianca su un suo presunto scarso impegno sulle indagini sulle email dell'ex candidata democratica Hillary Clinton.

La sua decisione, presa nella notte di ieri, è però giunta piuttosto improvvisa e inaspettata per le tempistiche. Secondo quanto riporta il New York Times, infatti, McCabe avrebbe detto di rimanere in carica ancora diverse settimane. Il quotidiano newyorkese suggerisce che ad accelerare la decisione sarebbe stata la volontà espressa dal direttore dell'Fbi Christopher A.

Wray di declassare il suo sottoposto, a causa di un rapporto in arrivo dall'ispettore generale del dipartimento di giustizia Michael E. Horowitz, che tutti si aspettano sarà molto critico nei confronti di McCabe, e quindi lesivo dell'immagine dell'ufficio. Davanti a questo scenario, McCabe ha preferito dimettersi.

Nel mirino di Trump e del Dipartimento di Giustizia, sono in particolare alcuni incroci tra lo stesso McCabe e il partito democratico, che avrebbero portato al suo scarso impegno sul caso Clinton.

La corsa (fallita) per un seggio al senato della moglie, infatti, venne finanziata con quasi mezzo milione di dollari dall'organizzazione Terry McAuliffe, l'allora governatore della Virginia molto vicino alla famiglia Clinton. Un intreccio che secondo i repubblicani e Trump, pregiudicherebbe l'imparzialità dell'agente. La Casa Bianca ha però dichiarato di non aver influito nella decisione, nonostante McCabe sia stato spesso bersaglio dei tweet infuocati del presidente.

Sorveglianze illegittime

Ma la campagna elettorale continua a far discutere anche su altri fronti. Dopotutto, durante quei mesi, l'Fbi si trovò a indagare contemporaneamente sulle mail di Clinton e sulle amicizie russe di Trump e soci, ritrovandosi molto esposto mediaticamente.

E così, mentre i pubblici ministeri che si occupano del Russiagate cercano di ottenere un incontro con il presidente, i membri repubblicani della commissione intelligence della Camera hanno votato per la diffusione di un memorandum, in cui si accusa l'Fbi di sorveglianze illecite sullo staff elettorale di Trump nel corso della campagna elettorale, in quello che molti media statunitensi leggono come un contrattacco in piena regola.

Il Dipartimento di Giustizia si è opposto con durezza alla diffusione del documento, che contiene informazioni riservate. La Casa Bianca potrebbe bloccarne la pubblicazione, ma Trump si è già espresso pubblicamente a favore della sua pubblicazione. Secondo i repubblicani, conterrebbe prove dell'ostilità dell'Fbi nei confronti del presidente.