La nuova legge prevedeva anche il carcere a chiunque avesse associato in qualche modo l'olocausto nazista alla Polonia. Sotto qualunque forma, anche quella che indica in 'polacchi' i campi di sterminio presenti entro i confini amministrati da Varsavia. Definizione geograficamente esatta, ma 'ingannevole' secondo il governo perché di fatto i lager erano gestiti dai tedeschi. In realtà i collaborazionisti delle SS furono in tutta Europa, Polonia compresa e, pertanto, cercare di tirarsi fuori in questo modo da colpe vere o presunte era sembrato fuori luogo.

La Polonia pagò comunque un dazio molto alto durante l'occupazione nazista in termini di vite umane: circa 6 milioni di morti, quasi un quarto della popolazione, di cui la metà erano ebrei. La condanna pertanto dovrebbe essere unanime, senza fare alcun distinguo, ma evidentemente per il governo di estrema destra che guida il Paese una distinzione va fatta specificando la non complicità della maggior parte dei polacchi non ebrei, vittime dei nazisti al pari dei concittadini deportati nei campi di sterminio.

Maggiore prudenza

La notizia di oggi è però relativa ad un ripensamento di Varsavia ed il motivo è legato alle fortissime tensioni con Israele che aveva messo sotto accusa la nuova legge il cui iter ora è stato 'congelato'.

Secondo i media locali, una delegazione del governo polacco sarà in missione ufficiale in Israele nei prossimi giorni e tenterà di arrivare ad una normativa concordata con Tel Aviv. Il premier Benjamin Netanyahu aveva infatti manifestato tutta la sua indignazione per un atto che, a tutti gli effetti, aveva attribuito ad "una scarsa conoscenza della Storia oltre che all'insensibilità dinanzi alla tragedia del nostro popolo".

Anche gli Stati Uniti avevano espresso il loro dissenso. Alla luce delle nuove notizie che giungono dalla Polonia, il direttore generale del ministero degli esteri israeliano, Yuval Rotem, ha definito questa retromarcia "un grande successo per il nostro Paese".