L' ammiraglio della marina Harry Harris, nominato come prossimo ambasciatore degli Stati Uniti in Australia, ha fatto presente al Congresso americano di non sottovalutare gli attuali attriti con la Cina e di non escludere la possibilità di una guerra. "L'intento di Pechino è chiaro - ha dichiarato Harris in un'analisi sull'odierna posizione cinese - Il loro scopo, infatti, è quello di dominare il Mar Cinese Meridionale e la sua potenza militare potrebbe presto rivaleggiare con il potere americano, quasi in ogni campo".

L'ammiraglio, che presto andrà in pensione in qualità di capo al comando del Pacifico degli Stati Uniti alle Hawaii, ha detto al comitato dei servizi armati della Camera che il Paese e i loro alleati dovranno diffidare dell'espansionismo militare di Pechino nella regione e condannare qualsiasi operazione di influenza straniera della Cina.

Harris, infatti, ha anche messo in guardia su un vero e proprio "culto della personalità" che sviluppa attorno al presidente cinese Xi Jinping.

"Per quanto riguarda l'idea di deterrenza e di guerre vincenti, sono un militare e penso che sia importante pianificare le risorse per vincere una guerra, nello stesso momento in cui lavori per impedirla - ha dichiarato il futuro ambasciatore - Sono fiducioso però, che non si verificherà alcun tipo di conflitto, ma tutti dobbiamo essere pronti a questo".

Di contro, invece, l'Australia è stata elogiata come uno dei più fedeli alleati americani nella regione Asia-Pacifico, soprattutto per quanto riguarda la cooperazione militare esistente nelle basi delle forze aeree nel Territorio del Nord.

"L'Australia è una delle chiavi di un ordine internazionale basato su regole - ha detto Harris - Guardo i miei colleghi australiani per la loro assistenza, ammiro la loro leadership sul campo di battaglia e nei corridoi del potere nel mondo".

Se Harris dovesse essere confermato come il prossimo ambasciatore in Australia, la sua posizione rappresenterebbe una sfida, poiché il rapporto diplomatico ed economico con Pechino diventerebbe sempre più delicato.

I legami, infatti, sono stati messi a dura prova l'anno scorso, dopo le dimissioni del senatore laburista Sam Dastyari. L'aver accettato denaro dalla Cina per debiti privati, è stato percepito dal Paese come un'infiltrazione del sistema politico australiano da parte della Cina.

Il governo, infatti, ha poi proposto nuove leggi di spionaggio e un inasprimento delle regole riguardanti le donazioni straniere ai partiti politici.