Miele per le api o oppio per i popoli, comunque lo si voglia definire, l’impegno assunto da Di Maio nei confronti degli elettori ha determinato un’inarrestabile corsa al miraggio sempre più sfuggente dell’ambitissimo “reddito di cittadinanza”. Così come il reddito di inclusione (REI), il reddito di cittadinanza è, almeno nelle intenzioni, una misura di contrasto alla povertà. Specchio dei tempi, insomma. Aspirazione di un popolo ormai abituato ad accontentarsi di sopravvivere, la promessa di un “basic income”, un introito base, un sussidio erogato incondizionatamente a ciascun cittadino, fa ragionevolmente l’effetto di un’esca perfetta, che nasconde però una pericolosa insidia.
Qualcuno ci gioca pure, caricando sui social improbabili moduli da compilare ed inoltrare all’Inps, in cui il richiedente dichiara sotto la propria responsabilità di non lavorare, non averne nessuna voglia e di credere a Babbo Natale. Quasi esilarante, se non fosse decisamente amaro.
Ma cos’è il Reddito di Cittadinanza e a chi spetta?
Il Reddito di Cittadinanza, nella sua definizione più lineare, è una remunerazione spettante a chiunque si possa ritenere cittadino di una determinata circoscrizione, un’area urbana. Si potrebbe allargare il concetto e definirla “nazionalità”, non fa alcuna differenza. La caratteristica sostanziale sta proprio nel fatto che non richieda requisiti particolari, quali: lo stato civile, la condizione sociale o economica, ma viene attribuito indistintamente ad ogni cittadino, purché possa dimostrare di appartenere alla nazione in cui viene applicato.
Ma è davvero questo ciò che tanto tenacemente hanno divulgato i grillini nel portare avanti la loro campagna elettorale?
In realtà, il concetto puro di reddito di cittadinanza è applicato attualmente solo in Alaska, attraverso il cosiddetto “Permanent Fund Dividend”, una legge molto apprezzata che assegna ogni anno ai cittadini una rendita di migliaia di dollari, senza chiedere nulla in cambio, se non la garanzia che l'avente diritto sia vivo e che abiti in territorio eschimese.
E ciò non accade per mero altruismo, ma per via dei guadagni che lo Stato ricava dai ricchi giacimenti di petrolio di cui dispone, decidendo di investirli nel finanziare i propri connazionali.
Facile, a questo punto, comprendere come non esistano le medesime condizioni nel caso del “nostro” reddito di cittadinanza. Nella proposta di Di Maio sono anzi elencate delle caratteristiche imprescindibili, che ne fanno piuttosto un’indenità di disoccupazione.
Occorre infatti:
- Dimostrare di non essere occupati;
- Aver raggiunto la maggiore età;
- Percepire una pensione o un reddito di lavoro inferiore alla soglia di povertà stabilita.
Una volta verificati tutti i requisiti, il soggetto è pronto a richiedere il sussidio di 780 euro mensili (o, comunque, la somma rimanente al raggiungimento di tale soglia), osservando preventivamente alcune regole:
- Iscrizione ad un centro per l’impiego;
- Partecipazione a corsi di formazione e riqualificazione;
- Partecipazione ad attività di pubblica utilità organizzati dal comune, da svolgersi per 8 ore settimanali;
- Accettare una delle prime tre proposte lavorative indicate dal centro.
Dove hanno sbagliato i pentastellati?
Nei loro comizi elettorali, gli esponenti del movimento 5 stelle, hanno lasciato passare il messaggio che ogni Paese europeo disponesse di un reddito di cittadinanza, a parte la Grecia.
In realtà ciò a cui fanno riferimento è un reddito minimo garantito, o comunque un’indennità di disoccupazione universale, non esattamente un reddito incondizionato. Inoltre hanno asserito che l’Italia non abbia una norma simile. Anche questo è falso, poiché esiste il Reddito di Inclusione.
Nonostante tutto, probabilmente proprio a causa della disinformazione in merito, attualmente i Caf, da Palermo a Bari, lamentano una richiesta crescente e disorganizzata da parte dei cittadini, non tanto disposti peraltro ad accettare responsi negativi. D’altronde, le elezioni si sono chiuse da qualche giorno e i provvedimenti annunciati dai candidati non si sono ancora tradotti in atti normativi di un governo omogeneo, che, ci auguriamo, si formi presto.