Il governo gialloverde presieduto dal professor Conte entra ufficialmente in carica dopo la fiducia incassata prima dal Senato e poi dalla Camera. Il nuovo esecutivo ha incassato il sì della maggioranza, con 4 voti favorevoli in più in entrambe le Camere - provenienti da ex grillini in gruppo Misto, esponenti del Maie (eletti all'estero) e Vittorio Sgarbi (in aperta dissidenza con il gruppo parlamentare di Fi) - rispetto al numero dei voti preventivo delle basi parlamentari di M5S e Lega.

Gli interventi di Conte prima del voto di fiducia hanno raccolto - come era lecito attendersi - gli applausi dei banchi della maggioranza, e critiche, anche dure, da quelli dell'opposizione, confermando le intenzioni di voto e gli indirizzi emersi dai dibattiti che hanno seguito l'interminabile crisi istituzionale.

Forza Italia e Partito Democratico hanno sentenziato il loro no tra accuse di demagogia e continuo ricorso agli slogan elettorali, sino a definire la contraddizione come cifra stilistica del programma di governo, "sottoscritto con l'inchiostro simpatico" secondo il senatore Matteo Renzi. Un no ribadito da LeU, che attraverso le parole di Grasso ha risposto alle dichiarazioni sulle famiglie arcobaleno del neo ministro Fontana, parlando di un "rischio medioevo sui diritti". Fratelli d'Italia - che a pochi giorni dal giuramento di Conte sembrava potesse partecipare alla formazione della squadra di governo - ha invece optato per l'astensione con il capogruppo La Russa, sostenendo che Fd'I non avrebbe votato la fiducia "perché non possiamo fidarci solo degli annunci".

Una scelta che potrebbe aprire a scenari futuri che vedrebbero il partito della Meloni all'interno della maggioranza.

"Ora tocca a voi"

"La campagna elettorale è finita. Il tempo della propaganda [...] è finito. Ora il 'palazzo' siete voi: tocca a voi dimostrare di avere la capacità di governare questo Paese". Le parole utilizzate dal capogruppo forzista Maria Stella Gelmini durante la discussione al Senato sintetizzano quelle che sono le maggiori accuse rivolte al presidente Conte e alla squadra di governo.

Un attacco rivolto indirettamente ai vicepresidenti del Consiglio, ministri, nonché leader politici di Movimento 5 Stelle e Lega, fautori di quello che nelle loro parole è il "governo del cambiamento" e che Di Maio ha battezzato come l'inizio della Terza repubblica.

I neoministri e vicepremier, nel corso delle prime uscite istituzionali hanno ribadito i punti del "contratto di governo", in dichiarazioni che dalle opposizioni sono state bollate come pura propaganda.

Nel corso degli incontri siciliani Salvini è intervenuto sul tema migranti ribadendo i temi leghisti di lotta alla crisi migratoria secondo cui "pregare e commuoversi non basta", dichiarando che farà quanto nelle sue possibilità "per evitare le partenze di quei disperati che pensano che c’è l’oro in Italia", ed attaccando la presunta solidarietà di Francia e Germania aspettando "che passino dalle parole ai fatti". "In Italia il costo di assistenza per i richiedenti asilo è il più caro d’Europa e i tempi di rilascio delle autorizzazioni i più lenti - ha aggiunto, rincarando la dose - "L’Europa è lontana e da lì arrivano novità dannose per l’Italia [...] che non non può diventare un campo profughi"

Dall'altra parte Di Maio, nelle vesti di neo ministro dello Sviluppo e del lavoro, è intervenuto all'assemblea nazionale di Confcommercio presentandosi alla sala con una dichiarazione sull'Iva, "Avete la mia parola che non aumenterà".

Il vicepremier ha accennato all'abolizione dello spesometro del redditometro come strumenti per la lotta all'evasione fiscale, alla salvaguardia della generazione dei lavoratori precari fuori dai contratti nazionali, proponendo "un reddito minimo garantito, almeno fino a che non si arriva alla contrattazione", e sostenendo infine la necessità di "contrattare con Europa le condizioni che l'Italia non può più sostenere, dicendo anche dei no".

La strategia dei due leader

La strategia è abbastanza chiara: battere il ferro finché è caldo per guadagnare sempre più consenso, e per presentarsi ai prossimi delicati incontri europei con una legittimazione nazionale forte. L'utilizzo (spregiudicato?) di dichiarazioni ad effetto sin dalle prime uscite pubbliche nelle nuove vesti istituzionali è parte di un progetto che guarda all'azione di governo e alla raccolta continua di consenso.

Diversamente da quanto fatto dal PD durante la scorsa legislatura, i protagonisti della vita Politica gialloverde stanno continuando a proporre i temi su cui hanno costruito le proprie fortune elettorali: per proporsi con forza nelle aule parlamentari nel momento in cui il gioco si farà duro e per continuare a mietere consensi. Se sul primo punto il PD ha saputo mostrarsi deciso nel tortuoso processo di riforme, riuscendo ad imporre la propria linea con metodi anche poco ortodossi, dall'altro lato non ha accompagnato questa azione ad una narrazione che partisse da lontano, da prima ancora delle urne. Risultato: 18% alle ultime elezioni e record negativo di consensi nella storia del centro-sinistra.

Siamo in una fase storica in cui la campagna elettorale non è limitata al periodo elettorale, ma è permanente, ed i gialloverdi ne hanno preso atto.

Sul versante europeo la strategia comunicativa dei due partiti rischia di non aiutare le fortune del nostro paese. L'Unione Europea appare all'apice della sua debolezza politica, schiacciata da tentativi sussurrati di riforma e dalla crisi migratoria, ed incapace di sfruttare le debolezze strategiche dell'alleato statunitense. Questo non basta ad un'Italia sommersa dal debito pubblico e da criticità strutturali per imporsi a livello europeo, anche in quei temi - come quello della gestione dei flussi migratori - che la vedono tra i paesi più colpiti.

Ed anche qui, i gialloverdi lo sanno e probabilmente tenteranno la carta dell'aggressività per spostare gli equilibri politici comunitari e creare un fronte in grado di ribattere colpo su colpo all'asse tedesco.

Una politica del rilancio ardua e rischiosa che rischia di bruciare in poco tempo le enormi aspettative che questo governo del cambiamento porterà sulle sue spalle. Un continuo rilancio che potrebbe spegnere il "cambiamento" più velocemente di una candela accesa in una tempesta perfetta.