Potrebbero costare molto caro ai loro autori gli insulti e le minacce postati sui social network contro il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a cavallo tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. La Procura di Palermo, infatti, dopo aver aperto una immediata inchiesta, si appresta ora ad iscrivere nel registro degli indagati i nomi dei titolari di 39 account, tra Facebook e Twitter, dai quali sarebbero partiti i pesanti improperi. I reati ipotizzabili sono quelli di ‘attentato alla libertà’ e ‘offesa all’onore e al prestigio’ del Capo dello Stato.
I futuri imputati, se condannati, rischiano pene fino a 15 anni di carcere.
L’antefatto della vicenda
Erano gli ultimi giorni di maggio quando, come già accennato, Sergio Mattarella, nel ruolo di massima autorità istituzionale della Repubblica italiana, decise di andare allo scontro aperto con M5S e Lega sul nome di Paolo Savona come ministro dell’Economia del futuro governo giallo-verde. Come è noto, quell’atto costò la remissione del mandato a Giuseppe Conte, la precipitosa chiamata al Colle di Carlo Cottarelli, le minacce di impeachment contro Mattarella da parte di Di Maio e, quando la situazione sembrava ormai precipitare verso la convocazione di nuove elezioni a fine luglio, il lieto fine con l’accordo Mattarella-Salvini-Di Maio e la definitiva consacrazione a Palazzo Chigi del professor Conte.
Logico che quello scontro al calor bianco all’interno dei Palazzi del Potere dovesse per forza di cose eccitare gli animi di quello che viene definito il ‘popolo’. Una pioggia di improperi, insulti gravissimi, minacce personali e anche offese ai familiari defunti, comincio a comparire sui social network, nota fucina dei più bassi istinti umani.
L’inchiesta della Procura di Palermo
Conseguenza logica di tutto questo caos, fu l’apertura di un’inchiesta da parte della Procura di Palermo. Sotto indagine finirono subito tre persone: Manlio Cassarà (autore del post ‘Hanno ucciso il fratello sbagliato’, con riferimento a Piersanti, ucciso proprio a Palermo nel 1980), Michele Calabrese ed Eloisa Zanrosso (‘Ti hanno ammazzato il fratello, non ti basta?’).
Ma la maggior parte dei ‘leoni da tastiera’ era rimasta ancora ignota. Ora però, come anticipato ieri da Repubblica e Il Messaggero, e approfondito oggi da Palermo Today, la procura palermitana avrebbe in mano i nomi di quasi tutti gli haters titolari dei 39 profili ‘attenzionati’. Tutto merito del lavoro certosino svolto dagli uomini della Digos.
Gli indagati rischiano pene draconiane
I pubblici ministeri titolari dell’inchiesta, l’aggiunto Marzia Sabella e il sostituto Gery Ferrara, starebbero procedendo proprio in queste ore all’iscrizione nel registro degli indagati delle persone identificate. I reati ipotizzati, come già detto, sono quelli di ‘attentato alla libertà’ e ‘offesa all’onore e al prestigio’ del presidente della Repubblica, con pena massima fino a 15 anni. Possibile anche, secondo quanto riporta Palermo Today, che i pm possano chiedere il giudizio immediato a causa dell’evidenza delle prove a carico degli indagati.