Roberto benigni torna a leggere i canti della Divina Commedia di Dante, cogliendo l’occasione anche per lanciare qualche frecciatina alla odierna Politica italiana. Teatro della lectio magistralis dell’attore toscano è stata l’Università per stranieri di Siena dove, dal 5 all’8 settembre, si tiene il consueto convegno che riunisce circa 300 membri della Associazione internazionale dei professori di italiano per stranieri. Salito in cattedra giovedì 6 settembre, il premio Oscar per il film La vita è bella, ha paragonato il PD, rimasto isolato sulla scena politica, al Partito di Dante, fondatore di un movimento che vedeva esclusivamente lui come protagonista.

Non poteva mancare nemmeno un attacco al governo M5S-Lega. Anche se Benigni non fa nomi, è chiaro il suo riferimento a Salvini e Di Maio quando parla degli “sbruffoni” che oggi sarebbero al potere nel nostro Paese.

Roberto Benigni: ‘Il Partito di Dante isolato come il PD’

Di fronte alla colta e preparata platea di professori di italiano che lo ascolta all’Università per stranieri di Siena, Roberto Benigni racconta che “per Dante sappiamo che la politica era la sua terza natura, la seconda natura era la poesia ovviamente, ma la terza natura era proprio la politica. E gli è andata un po’ male, povero Dante, tutta la vita”. Addirittura, racconta il comico originario di Castiglion Fiorentino, “quando è andato in esilio ha cambiato, è passato dai guelfi ai ghibellini, fuggiasco, guelfo nero, era entrato in politica”.

Però, aggiunge Benigni, “addirittura alla fine quasi non ne poteva più della volgarità, della scemenza e ha detto: ‘Faccio parte per me stesso’. E allora fondò un partito solo per sé, il Partito di Dante, il PD praticamente”. Anche se “non vinse mai, perché era da solo. Però la politica è davvero la sua terza natura”.

L’VIII canto dell’Inferno e gli ‘sbruffoni’ in politica

Passando a parafrasare nello specifico l’VIII canto dell’Inferno dantesco (quello che si svolge nel quinto cerchio, dove vengono puniti gli accidiosi e gli iracondi), Roberto Benigni lo definisce “davvero meraviglioso” perché “non solo si parla dell’ira, ma soprattutto di coloro che ‘si tengon or lassù gran Regi’, cioè dei più potenti, degli sbruffoni.

Quelli che chissà chi si credono di essere”. Sono quelle persone che, accusa Benigni, “con una frase, un atteggiamento, con la volgarità, prendono il potere e continuano a essere volgari, a fare ciò che vogliono. E su di loro, diciamo, si è creato da parte di Dante che è così altero” un sentimento negativo, quasi di disprezzo. “Ma chi sono questi sbruffoni?”, gli domanda un giornalista al termine del convegno. Lui si schermisce riparandosi dietro una grassa risata per poi precisare che “ogni riferimento è casuale, però ce ne sono tanti, è vero. Possiamo riconoscerli alcuni. Un periodo di sbruffoni che non si vogliono far nominare e che però bisogna nominarli tutti insieme”.