Si tratta di fatto di un passaggio di consegne vero e proprio, quello che è avvenuto tra Stati Uniti e Russia, facendo così aumentare l'influenza di Putin nella rovente regione del Medio Oriente. Una transizione che avviene con l’aiuto più o meno apertamente dichiarato dagli stessi Stati Uniti che, pur di lasciare la regione in breve tempo, hanno aiutato le forze russe ad orientarsi rapidamente in aree non sicure, come rivela un funzionario del Pentagono a Newsweek, che conferma che si è trattato di una staffetta avvenuta rapidamente, durante la quale è stato portato via quanto più materiale possibile, mentre l’attrezzatura di valore militare che non sono riusciti a trasportare è stato distrutto.

E da ieri pomeriggio, martedì 15 ottobre, le truppe di Bashar al Assad hanno il controllo di Manbji, a nord est dell’Eufrate, fino ad allora sotto pressione di milizie arabe sostenute dalla Turchia. L’invio di uomini da Damasco e lo schieramento della polizia militare russa, che è stata disposta come forza di interposizione lungo la linea di contatto tra gli eserciti turco e siriano, hanno bloccato l’avanzata di queste milizie.

Gli Stati Uniti, dopo il ripiegamento da Manbji e Kobane, stanno ritirando le loro forze da tutte le altre postazioni e soltanto una piccola guarnigione rimarrà ad Al Tanf e gli altri militari verranno ricollocati in Iraq e Giordania. Gli spazi prima occupati dagli americani sono stati ora presi dalla forze russe e siriane, in un avvicendamento che ha tagliato la strada alla Turchia e che non fa altro che rafforzare l'influenza russa in Siria, che geostrategicamente è importante per Putin, al fine di assicurargli uno sbocco amico sul Mediterraneo.

Il vice presidente USA Mike Pence atteso in Turchia

Oggi mercoledì 16 ottobre è atteso ad Ankara Mike Pence, vice presidente degli Stati Uniti, inviato da Trump per chiedere a Erdogan di fermare l’offensiva. Il "Sultano" non ha però alcuna intenzione di frenare le azioni militari, anzi, secondo la sua versione ufficiale vorrebbe conquistare altri territori per rimandare in Siria parte dei rifugiati che ospita dentro i suoi confini.

Rifugiati che continua ad usare come arma di ricatto verso l’Europa, dichiarando che o la comunità internazionale deve sostenere lo sforzo bellico della Turchia o dovrà farsi carico dei profughi.

Nel frattempo continuano gli scontri lungo il confine turco-siriano, dove l’esercito di Ankara continua a colpire con l’artiglieria le città di Ras al Ayn e Tal Abyad.

I curdi attaccano invece più a est, nella provincia di Mandrin, in Turchia, provocando due vittime. Continuano anche le fughe da centri come Raqqa e Hasakah verso l’interno della Siria: sarebbero 275 mila gli sfollati secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani. Anche le ong internazionali, la cui presenza viene considerata da Damasco come una forma di occupazione, si stanno ritirando.