Non è l’Arena decide di dare voce ad alcuni ristoratori, messi in crisi dall’emergenza Coronavirus. Ospite del talk show di La7, condotto da Massimo Giletti, è anche Antonio, un ristoratore di Milano che racconta in diretta tv tutte le enormi difficoltà che stanno affrontando lui e i suoi colleghi in questo ultimo anno. La protesta del lavoratore a Non è l’Arena è solo una parte di quelle che si stanno svolgendo in tutta Italia. È già partita da Milano, ad esempio, l’iniziativa ‘Io Apro in tour’, una serie di manifestazioni che toccheranno diverse città d’Italia allo scopo di chiedere al governo la riapertura delle attività dopo il 7 aprile.
Il ristoratore milanese ospite di Non è l’Arena: ‘I sostegni sono briciole’
Durante la puntata di Non è l’Arena del 28 marzo, Massimo Giletti apre il collegamento con un ristorante di Milano, dove sono presenti il proprietario Antonio e alcuni suoi dipendenti. “Dottor Giletti buonasera, io non sono un democristiano e faccio parte di quel sesto della popolazione italiana allo sbando”, dichiara subito l’ospite di Non è l’Arena senza peli sulla lingua. “Prima si chiamavano ristori ed era elemosina, adesso i sostegni sono briciole, briciole pure, non ce lo possiamo più permettere”, prosegue nel suo attacco sia contro i provvedimenti economici dell’ex premier Giuseppe Conte che contro quelli del suo successore, Mario Draghi.
‘Solo 500 euro di cassa integrazione in cinque mesi’
Il ristoratore racconta a Non è l’Arena di avere 18 dipendenti che, ad oggi, avrebbero ricevuto solo “500 euro di cassa integrazione in cinque mesi”, a fronte di 13 mesi di emergenza, di cui otto dei quali il suo locale è rimasto chiuso. “Ma come possiamo fare? - si chiede polemicamente Antonio - Cerchiamo di lavorare in sicurezza e adempiere a tutto quello che ci hanno detto.
Non ce la facciamo più”. Il ristoratore arriva persino a riferire che alcuni suoi dipendenti hanno preferito non rinnovare il contratto a tempo determinato che avevano con lui per prendere invece la disoccupazione. “Prendono più soldi in disoccupazione che in cassa integrazione”, si lamenta.
Non è l’Arena: il ristoratore se la prende con Draghi
“Sono dei fumati di testa qui, non ce la possono fare e noi non lo possiamo più sostenere”, perde definitivamente la pazienza il ristoratore milanese durante il collegamento con Non è l’Arena. L’uomo spiega anche che, rispetto a 400mila euro di fatturato persi, dovrebbe prenderne solo 10mila “col sostegno del signor Draghi. Ma che ci faccio? Ho 18mila euro di spesa. Io non voglio i soldi, voglio aprire in sicurezza, con distanziamento, mascherine e prendendo nome e cognome” ai clienti. “Chi non è in regola lo chiudono, non gli danno una multa”, propone ribadendo che il 7 aprile prossimo lui aprirà il suo locale “perché non ce la facciamo più”.
La protesta dei ristoratori, annuncia, si terrà il 30 marzo a Napoli, l’1 aprile a Palermo, il 3 a Bologna e il 6 a Roma. “Dobbiamo essere in tanti, non capisce dottore che non ho più i soldi per mandare avanti la famiglia”, conclude rivolto a Giletti.