Dopo il recente ingresso in Costituzione della tutela degli animali e dell’ambiente intervistiamo l’On. Filippo Maturi. Nel 2020 è stato nominato da Matteo Salvini responsabile del dipartimento per la tutela degli animali della Lega.
On. Maturi, può raccontare ai nostri lettori com’è iniziato il suo interesse verso la tematica della tutela degli animali?
Vengo dal Trentino Alto Adige, quindi d’estate con i miei nonni andavamo in montagna, dove avevamo una casa. Sono cresciuto lì e c’era sempre un riferimento al mondo degli animali. Si pensi al Lago dei Caprioli o alla Valle delle Marmotte… quindi gli animali, soprattutto selvatici, facevano parte appieno del mio contesto.
Ma quand’ero piccolo la sensibilità era differente e a Bolzano (nella mia città) c’era il Parco del Talvera, dove erano presenti diversi animali tra cui c’era una fossa con dentro un orso. Lo andavamo a trovare perché ci eravamo affezionati. È chiaro che se ci penso adesso è una cosa da condannare, ma la cultura era quella e l’orso derivava da una situazione di cattività.
E poi cos’è accaduto?
Una notte degli ubriachi hanno assalito l’orso. Ormai era vecchio, non riusciva più a muoversi o a difendersi. Era davvero indifeso e non aveva tutta questa mobilità. Lo hanno percosso talmente tanto da ucciderlo. Ci sono rimasto davvero male. Ero piccolo, avrò avuto 8 o 9 anni e non capivo come le persone potessero essere così cattive nei confronti degli animali e per quale motivo non si poteva vivere in sintonia con loro.
Da allora mi sono interessato alla loro tutela. Mi ero ripromesso di dare il mio contributo per aiutarli. Poi andando avanti mi sono avvicinato alla politica.
La tutela degli animali entra finalmente in Costituzione: perché si tratta di un passaggio storico e quali prospettive si aprono ora?
Come sappiamo la carta costituzionale è d'indirizzo.
Rappresenta un perimetro, ma anche una forza propulsiva che il legislatore deve perseguire. È quindi chiaro che rappresenta un punto di partenza e non un punto di arrivo. Perché se viene considerato un punto di arrivo, sostanzialmente diventa un greenwashing (il cosiddetto ambientalismo di facciata ndr) di Stato. Il fatto d'inserire nella Costituzione sia la tutela degli animali che la tutela del territorio e dell’ambiente, in riferimento anche alle future generazioni, è un fatto importante e concreto.
Non sono temi astratti.
Per quale motivo?
Basti pensare che solo nel 2021 sono state dichiarate estinte a livello mondiale ventidue specie animali. Parliamo di questo. Parliamo del fatto che le future generazioni non potranno mai venire a contatto con queste specie, se non con supporti digitali o analogici. È una cosa gravissima. Stiamo defraudando un patrimonio che dovrebbe essere di tutti, abusandone in maniera totalmente sbagliata. E quindi ho salutato con entusiasmo questo cambiamento della carta costituzionale, ma anche con la preoccupazione che rimanga solo un bellissimo enunciato. Adesso dobbiamo colmare quelle lacune normative che oggi sono enormi e sulle quali siamo ancora molto indietro rispetto ad altri Paesi europei.
Può ricordare ai lettori quali sono le conseguenze oggi per chi si macchia di crimini contro gli animali e spiegare in che modo si può intervenire per cambiare la situazione?
In merito a questo oggi il problema è su due piani. Innanzitutto non viene riconosciuta la soggettività dell’animale. E quindi la pena erogata è poco rilevante o comunque destinata all’ambito civilistico. Il risarcimento viene concesso al proprietario dell’animale in funzione alla sua perdita. Quindi non c’è una visione di tutela della vita dell’animale, legata al soggetto stesso. Ma è in relazione ad una proprietà. Questo equipara un essere vivente a un mero oggetto. Un approccio che va assolutamente cambiato.
Invece, riconoscendo non solo da un punto di vista normativo ma anche culturale la soggettività degli animali, a cascata si riesce a intervenire e cambiare l’approccio quotidiano al problema.
E questa è una rivoluzione culturale che va assolutamente fatta. Dall’altra parte, il secondo punto riguarda le pene. Ad oggi sono molto basse e spesso irrisorie. Quindi anche qualora vi sia una condanna, è pressoché impossibile che il condannato sconti anche un solo giorno di carcere.
Sul tema c’è ancora molto da fare, quali saranno i primi passi concreti da compiere nei prossimi mesi?
Il respiro di legislatura ormai è breve, quindi a mio avviso bisogna cercare in maniera molto pragmatica e per il bene degli animali di portare a compimento tante piccole cose. Più cose possibili. Tantissime, ma piccole. Illudersi oggi di fare una grande riforma sarebbe sbagliato perché non c’è il tempo tecnico.
Ci sono ancora gli strascichi della pandemia, bisogna rilanciare il Paese dal punto di vista economico e sociale. In questo quadro si deve fare il possibile. Ma si possono fare tante piccole cose.
Come ad esempio?
Nei prossimi giorni depositerò un disegno di legge per vietare l’utilizzo della catena in tutta Italia. Oggi questo provvedimento è affidato alle Regioni e quindi ci sono zone dove è già realtà, come la Lombardia, il Veneto o il Friuli-Venezia Giulia. Ma ce ne sono altre dove è ancora consentita. Il tema della catena è importante per due aspetti. In primo luogo per il benessere animale, perché i cani sono animali sociali e relegarli da soli al freddo inverno e al caldo d’estate, esposti alle escursioni delle temperature, non è un bene.
Ma c’è un aspetto molto più grave legato agli incendi. Durante quelli divampati in Sardegna e in Calabria l’anno scorso sono morti molti cani proprio perché legati alla catena, in case secondarie o in capanni dove non c’era nessuno per liberarli. E questo ne ha decretato una morte straziante. La catena è uno strumento assolutamente anacronistico. Ed è un esempio molto veloce e concreto su ciò che può essere fatto. Ma stiamo preparando anche un disegno di legge sul divieto di vendita di cani e gatti nei negozi oppure online. In modo da intervenire anche sulle puppy farm all’estero, dove crescono questi cuccioli senza rispetto della vita e norme sanitarie, visto che l’Italia rappresenta uno dei primi Paesi destinatari di questo commercio.
Nel suo recente intervento alla Camera dei Deputati ha anche parlato della necessità di una rivoluzione culturale e di un radicale cambiamento del nostro rapporto con gli animali: cosa intende?
Bisogna cambiare la mentalità. Per farlo bisogna investire sulla sensibilizzazione e sull’educazione, rivolgendosi anzitutto alle nuove generazioni. Sono la nostra principale speranza, è inutile o velleitario illudersi che chi ha ragionato nello stesso modo per 60 anni si ravveda. Ci spero, ma è difficile. Invece a mio avviso si può cambiare investendo sulle nuove generazioni. Noi siamo cresciuti con un rapporto sbagliato con gli animali. Siamo stati abituati fin da piccoli ai cartoni animati con una eccessiva antropizzazione degli animali.
Sicuramente fatta in buona fede, però il fenomeno ci ha fatto vedere gli animali come degli oggetti. Ma c’è anche chi magari ne è affezionato ed è sensibile, ma li vede come umani alternativi. Questo fenomeno si vede in quelle che sono le deviazioni dei comportamenti nella gestione degli animali.
Cosa ne consegue a suo parere?
Gli animali vanno rispettati come tali e nel loro contesto. Gli animali selvatici devono poter vivere nella natura e nel loro ambiente. Quindi sono assolutamente contrario ai circhi con gli animali e agli zoo, perché non fanno altro che lanciare un messaggio totalmente sbagliato anche ai bambini. Non siamo proprietari del mondo, ma eventualmente ne siamo custodi per chi verrà dopo.
Dobbiamo assolutamente fare un passaggio mentale tra la proprietà, che a volte prevede anche l’esaurimento della cosa stessa, rispetto alla custodia e cura.
Volgendo lo sguardo al futuro, perché a suo parere è così difficile intervenire su queste tematiche? Quanto dovremo attendere ancora per vedere concretizzarsi un mondo basato sul rispetto degli animali e della natura che ci circonda?
Io sono convinto che questo cambiamento ci sarà e sarà guidato dalla generazione Z. Osservo la generazione dopo la nostra e mi accorgo di quanto sia più incline al dialogo. Al rispetto. E a evitare gli scontri. Questo lo apprezzo molto e quindi penso che le cose potranno cambiare davvero in futuro. Sul quando, auspico il prima possibile.