La dottoressa Carla Di Stefano ha condotto, per l'Università di Tor Vergata di Roma, una ricerca su 2.500 studenti liceali attraverso un questionario anonimo.
Questo è quanto è emerso:
- - quasi il 33% ha dichiarato di avere un piercing e il 20 % ha dichiarato di avere un tatuaggio
- - meno del 20% ha affermato di aver firmato un consenso informato
- - il 46% degli intervistati ha dichiarato di non essere sicuro della sterilità degli strumenti utilizzati
- - l'80% è informato sui rischi di infezione
- - il 5% è informato correttamente sulle malattie che possono essere trasmesse
- - il 25%, uno su quattro, ha dichiarato di aver avuto complicanze infettive
Lo scopo di questa ricerca è di allertare gli adolescenti riguardo l'esecuzione di tatuaggi e piercing in locali che non rispettano le norme igieniche.
Vuole inoltre informare riguardo le pratiche svolte con strumenti inadeguati che possono essere veicoli di trasmissione di malattie infettive per via ematica.
Le malattie che possono essere trasmesse sono l'epatite B (HBV), l'epatite C (HCV), l'epatite D (HDV), l'AIDS.
Hepatology
Un studio pubblicato su "Hepatology" nel 2013, dimostra che il riutilizzo di aghi monouso e di inchiostro contaminato da sangue infetto, ma anche la mancata sterilizzazione dei materiali, sono le principali cause di trasmissione dell'infezione da HCV (epatite C).
Il dato più rilevante, secondo la dottoressa Di Stefano, riguarda i tempi di sopravvivenza del virus negli aghi e nell'inchiostro, che va da qualche giorno nell'ambiente a poco meno di un mese nell'anestetico.
Per questo vengono sconsigliati i locali economici e non a norma di legge, che spesso vengono scelti dai più giovani.
I rischi in Italia
In Italia, è stato stimato, che più del 10% dei casi di epatite C acuta è attribuibile ai trattamenti estetici.
La stima dice che chi si sottopone a un tatuaggio ha un rischio 3,4 volte superiore di contrarre l'epatite C rispetto a chi non si sottopone.
Per quanto riguarda i piercing, chi si fa applicare il piercing ha un rischio 2,7 volte superiore di contrarre l'epatite C rispetto a chi non se lo fa applicare.
Emerge la necessità di un più ampio impegno volto all'incoraggiamento dell'utilizzo di materiale monouso, della corretta sterilizzazione, del continuo monitoraggio di strumenti e luoghi nei quali vengono svolte le suddette pratiche.