Gli esperti della società europea di cardiologia (Esc), riunitosi a fine agosto a Roma, hanno rivisto le linee guida in merito a livelli di colesterolemia-Ldl-c, il cosiddetto colesterolo cattivo. Questa è forse la maggiore novità emersa dal convegno che ha dibattuto sulla gestione delle dislipidemie e della fibrillazione atriale. I nuovi livelli stabiliti variano in funzione del grado di rischio del paziente, da lieve ad elevato.

Ldl si abbassa fino a 70 mg/dL

Non esiste un valore limite di colesterolemia-Ldl (Ldl-c) per tutti i soggetti. Per un soggetto che, per quadro clinico personale e storia famigliare, è considerato a basso rischio, viene tollerato un livello <115 mg/dL.

Tale soglia scende a 100 mg/dL nel caso il soggetto è considerato ad alto rischio, che può arrivare a 70 mg/dL nei soggetti a rischio molto elevato.

Cosa suggeriscono le linee guida dell’Esc per abbassare i livelli di Ldl-c? Si parte dalla tavola, con l’adottare un regime alimentare specifico a seconda dell’obiettivo che si vuole raggiungere: ridurre i trigliceridi, l’Ldl-c, oppure aumentare la frazione Hdl-c.

Per ridurre i trigliceridi è necessario ridurre il peso corporeo e il consumo di alcol. Per ridurre l’Ldl-c la dieta deve contenere meno grassi, più fibre e fitosteroli, mentre per aumentare la frazione Hdl-c (il colesterolo buono) la dieta deve contenere meno lipidi ed è necessario fare attività fisica.

Ma se dieta e l’attività fisica non sono sufficienti, occorre un supporto farmacologico. In questo caso gli esperti hanno segnalato un limite: l’aderenza farmacologica. Molti pazienti (il 60%) dopo un anno interrompe la terapia farmacologica. Per risolvere questo problema i cardiologi stanno pensando a delle forme di reminder, in pratica dei controlli annuali in modo da monitorare le condizioni del paziente e sensibilizzarlo verso una maggiore aderenza alla terapia.

Ridimensionamento dell’Has-Bled

L’Has-Bled è un sistema di score sviluppato nel 2010, per valutare il rischio di sanguinamento in pazienti con fibrillazione atriale, ad esempio in pazienti sotto terapia anticoagulante. Il nome altro non è che un acronimo di 9 parametri, dall’inglese Hypertension; Abnormal renal and liver function; Stroke; Bleeding; Labile INRs; Elderly; Drugs or alcohol.

Lo score totale può oscillare in un range da 0 a 9.

Se l’ipertensione sistolica, ad es., è ≥ 160mmHg, si aggiunge 1, così anche se c’è disfunzione renale o epatica, età ≥ 65 anni, pregressi casi di ictus, assunzione di farmaci, alcol, ecc. Finora uno score > 3 già rappresentava un limite all’’uso di certe terapie.

Le nuove linee guida ridimensionano questo fattore. Infatti, dal punto di vista della cardiologia clinica, uno score > 3 non rappresenta più una controindicazione all’uso dei nuovi anticoagulanti orali. Ovviamente, spetta sempre al medico valutare caso per caso come procedere ma, in generale, queste nuove indicazioni da una parte pongono limiti più restrittivi alla colesterolemia e dall’altra prevedono una maggiore flessibilità all’uso dei nuovi anticoagulanti, per una profilassi antitrombotica, nei casi di fibrillazione atriale.

Rischio di una eccessiva medicamentazione

Non sono mancate le critiche a questa rivisitazione storica dei livelli di colesterolemia. Il primo è stato proprio Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, che ha paventato un uso eccesivo di farmaci come le statine, per ridurre i livelli di colesterolo. E questo potrebbe avere delle ripercussione sul bilancio della Sanità che, come è noto, non naviga nell’oro.

Garattini comunque non è stato l’unico a criticare queste nuove indicazioni, e non solo per gli aspetti economici. Le perplessità sono sulle validità clinica dei nuovi parametri, e sull’impatto che potranno avere sulla Salute dei cittadini. In pratica, i detrattori dicono che una ulteriore riduzione del colesterolo, soprattutto se raggiunto con l’assunzione di farmaci, non vuol dire necessariamente che faccia bene.