"Morire, dormire forse sognare?", è questo uno dei soliloqui più noti del principe Amleto di Shakespeare che si interroga sulla questione dell'essere o del non essere. D'altro canto il sonno ha da sempre affascinato non solo gli scienziati, ma anche poeti e scrittori.

Non va dimenticato che il sonno svolge una parte molto importante nella nostra vita, basti solo considerare che trascorriamo ben 26 anni nelle braccia di Morfeo. In particolare uno studio condotto dall'Università Policlinica delle Marche con l'Università del Wisconsin Madison e l'Università di San Diego ha provato a rispondere a questa domanda.

I ricercatori, avvalendosi di un complesso microscopio elettronico, hanno condotto degli esperimenti sui topi per comprendere in che modo avvengono i cambiamenti nella corteccia cerebrale dei roditori durante la veglia e il sonno. Gli autori dello studio ritengono che le sinapsi, ovvero i collegamenti con i neuroni siano molto attivi di giorno in quanto sia pur non a livello cosciente il processo di apprendimento è continuo. Ma se di giorno le sinapsi tendono ad accrescersi e ad espandersi, di notte accade l'esatto contrario, difatti avviene il processo opposto.

Servendosi di un microscopio elettronico 3D i ricercatori sono riusciti a ricostruire 7000 sinapsi scoprendo che dopo il sonno si riducono.

Tuttavia a ridursi sono solo le sinapsi medie e quelle piccole mentre quelle più grandi tendono a rimanere stabili. In pratica il cervello utilizza il sonno per riorganizzarsi, in particolare per mettere ordine tra le informazioni raccolte durante il giorno, per cui le sinapsi che si sono ingrandite nel corso della giornata, di notte tendono a rimpicciolirsi per cancellare le informazioni inutili.

Questo fa sì che l'indomani siano nuovamente pronte a contenere nuove informazioni.

Insomma il sonno è un processo essenziale in quanto permette al cervello di imparare e apprendere nuove cose ogni giorno. Ed è proprio grazie a questo processo di normalizzazione sinaptica che una minoranza delle sinapsi, quelle grandi relative ai ricordi e alle informazioni più importanti, viene risparmiata. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science.