L'articolo-inchiesta de "Salvagente" ha sollevato un polverone sull'argomento glifosato ed ha dimostrato come il pesticida sia presente anche nel metabolismo di individui che vivono lontani dalle campagne e da luoghi indicati "a rischio" per la presenza dell'erbicida. L'articolo, infatti, spiegava come fosse stata riscontrata la presenza della molecola nella totalità di un campione esaminato, formato da 14 donne in stato di gravidanza. La notizia ha fatto scalpore anche perché è noto come il glifosato sia molto pericoloso soprattutto per il feto, perché può originare fenomeni di mutazione genica.

Le donne esaminate si erano presentate volontariamente al test e tutte hanno avuto un esito positivo, ovvero hanno mostrato nelle urine tracce di glifosato, pur abitando nel centro di Roma. Sono state chieste spiegazioni alla dottoressa Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo, che appartiene al Comitato scientifico dell'Isde, l'associazione dei medici per l'ambiente.

Il glifosato arriva dal cibo

Secondo l'esperta, il glifosato arriva da ciò che portiamo in tavola e dal cibo entra nel nostro organismo. I veicoli, dunque, sono soprattutto pasta, farine e farinacei, ma anche carne, latte e derivati. Questo perché la maggior parte dei mangimi usati negli allevamenti includono mais, colza, soia, spesso OGM e resi resistenti al glifosato: significa che provengono da colture in cui l’erbicida viene usato in modo massivo.

Di conseguenza la molecola si accumula nella carne degli animali e nelle ghiandole mammarie di quelli da latte. Fino a poco tempo fa si pensava che solo le popolazioni esposte per la professione mostrassero la presenza di erbicidi: i coltivatori, chi maneggia in qualche modo pesticidi e fertilizzanti e gli abitanti delle aree rurali nei pressi delle coltivazioni, in special modo in quelle aree del mondo dove si coltivano intensivamente mais, grano e soia.

Invece gli studi recenti dimostrano che siamo tutti a rischio e il problema si fa serissimo. La presenza di glifosato provoca la morte cellulare programmata, chiamata apoptosi e induce la necrosi su cellule embrionali e placentari. Si conosceva il suo potenziale cancerogeno ma adesso saltano fuori altre pericolosissime peculiarità della molecola, come la sua genotossicità.

La sua azione distruttiva si verifica a concentrazioni molto basse, simili a quelle riscontrate nelle analisi del campione. La molecola è legata all'aumento di rischio di linfomi, interferisce nella sintesi di ormoni come progesterone, estrogeni e testosterone, e modifica la permeabilità cellulare portando a modifiche del microbiota intestinale, soprattutto di lactobacilli e bifidobatteri. Lo squilibrio della flora intestinale instaura uno stato infiammatorio e provoca intolleranze ed allergie alimentari, celiachia, e carenza cronica di acido folico.