Dopo il dibattito che ha interessato l'utilizzo delle cellule staminali per curare alcune patologie genetiche, ora una ricerca italiana sembra arrivata ad una conclusione. Si tratta di una ricerca che proviene dall'Università di Modena e Reggio Emilia, e che si è occupata della vicenda del cosiddetto "bambino farfalla". Si è rivelata una questione molto delicata in ambito medico che ha portato ad una grande scoperta in ambito di patologie cutanee: in questo caso infatti il paziente sottoposto a intervento soffriva di bolle ed erosioni diffuse localizzate su gran parte della pelle.

La vicenda del "bambino farfalla"

La ricerca si è occupata del caso di un bambino affetto da una malattia genetica piuttosto rara denominata epidermolisi bollosa giunzionale, che rende la pelle fragile come quella delle ali di farfalla. Il paziente aveva perso circa l'80% della pelle, era in fin di vita e in coma farmacologico. Per questo motivo nel settembre del 2015 è stato approvato l'intervento per uso compassionevole ad opera delle autorità tedesche. L'intervento è stato effettuato in Germania, grazie anche alla guida e collaborazione da parte dell'Università di Modena e di Reggio Emilia. Maggiori informazioni riguardanti l'intervento sono state pubblicate sulla rivista scientifica Nature.

Le cellule che rinnovano la vita

L'intervento sul "bambino farfalla" ha fatto in modo di determinare una svolta nello studio delle cellule staminali, che permettono alla pelle di rinnovarsi continuamente. Nel caso di specie del paziente affetto da epidermiolisi bollosa, i ricercatori italiani hanno rinvenuto la prima prova evidente e diretta che la pelle umana è sostenuta da cellule longeve, da cui derivano cellule progenitrici che vengono rinnovate in modo continuo.

Per risolvere la difficile situazione del "bambino farfalla" il team medico italiano che si è occupato della ricerca ha prelevato le unità cellulari da un'area che non era stata colpita direttamente dalle vesciche tipiche della malattia.

Le cellule estratte sono state modificate geneticamente e al loro interno è stata trasferita la forma non mutata del gene che provoca il determinarsi della patologia genetica.

Le cellule modificate sono state quindi coltivate al di fuori dell'organismo al fine di ottenere parti di pelle con una lunghezza compresa tra 50 e 150 centimetri quadrati, che sono stati successivamente trapiantati nel "bambino farfalla".