Stazione centrale di Bologna ore sette, una ragazza arriva alla fermata dell’Aerobus trascinandosi dietro una valigia troppo pesante e uno zaino stracolmo di libri. Una fuorisede che non vede l’ora di tornare a casa, di salire su un aereo che ha pagato troppo e di farsi finalmente coccolare dall’affetto dei suoi genitori.
Awumbuk
Un ragazzo fuorisede non riesce a stare a casa per più di un mese, senza provare quel senso di nostalgia e melanconia. Una sorta di fitta allo stomaco che gli impone di tornare a casa, in quella città dove non sono nati, ma hanno scelto di vivere.
SI chiama Awumbuk il senso di vuoto che rimane dopo che il figlio prediletto è partito al fronte per affrontare la sessione invernale. Lo spazio sembra essersi ridotto, due bagni per due persone sono troppi. Certo si potrebbe provare un certo sollievo nel ritornare ad avere una casa ordinata e pulita, tuttavia quello che viene indossato più spesso è l’abito dell’apatia e si prova un senso di nebbia e offuscamento. Il nome viene dato dalla tribù dei baining tipica della Papua Nuova Guinea, questa tribù crede che alla partenza un viaggiatore si lasci dietro di sé una coltre di pesantezza, per essere agevolato e viaggiare più leggero.
Sentimento comune
Alla fine i nostri eroi fuorisede sono un po’ dei viaggiatori, sempre con le valigie pronte messe ai piedi del letto, sempre con qualche storia da raccontare e qualche altra avventura da vivere.
Certo, è faticoso, ma probabilmente se non lasciarli ri-partire sarebbe un po’ come spezzargli le ali. Non è facile essere i genitori di un viaggiatore, non è facile affrontare ogni volta quel sentimento di abbandono che si prova vedendo ripartire un figlio, che mannaggia a nonna ogni volta torna sempre più magro.
Ma, cari genitori, vi svelo un segreto, non è facile nemmeno per loro, anzi forse è due volte più difficile
Natale da fuorisede
Proprio un’occasione delle feste natalizie questo sentimento sembra amplificato. Cari genitori è ancora più difficile scendere a patti con le proprie emozioni quando tutto sembra ricordarci la lontananza da casa.
Ed è proprio in queste feste che i coinquilini e gli amici si trasformano in una piccola comunità famigliare. Addobbare la casa di uno studente, costruire un piccolo albero non è la sola partecipazione ad una festa sempre più consumistica e povera di valori, ma diventa un modo per rendere la casa quell’ambiente protettivo di cui tutti abbiamo bisogno. Cari studenti fuorisede, cari genitori anche se passerete solo pochi giorni a casa, anche se qualcuno di voi non tornerà neppure. Buon Natale.