Come sostenuto dall’aforista Fabrizio Caramagna, “Leggere un libro non significa uscire dal mondo, bensì entrare nel mondo attraverso un altro ingresso”. Una buona lettura innesca sempre un processo di sperimentazione emozionale di quel molteplice caratterizzante il nostro mondo e non solo: anche il nostro pensiero divergente, cioè quello abile a deviare dagli schemi della realtà naturale e sociale impostati precedentemente alla nostra nascita, è potenzialmente una miniera profondissima dalla quale scoprire continuamente nuove immagini e racconti.

Molte ricerche recenti suggeriscono fortemente che la lettura migliora l'intelligenza emotiva e cognitiva degli individui: modificando e attivando le aree del cervello responsabili di queste facoltà, essa li aiuta a sviluppare qualità fondamentali nell’interagire col mondo quali l’empatia, la quale concede l’opportunità di immergersi nella vita degli altri per capirne talenti e/o problemi, o ancora l’organizzazione della conoscenza secondo schemi e categorie più raffinate.

La connessione della lettura

Eppure i neuroscienziati vanno oltre, e teorizzano che leggere connette le aree del cervello responsabili sia della vista che del parlato. Anche gli adulti che iniziano in età avanzata a scoprire il piacere della lettura possono sperimentare questi effetti, visto l’aumento sperimentalmente dimostrato della connettività cerebrale funzionale con la corteccia visiva: questo potrebbe essere il modo del cervello di filtrare e schematizzare il flusso di informazioni salienti alla nostra vista, il quale viene continuamente recepito a contatto col mondo.

Queste migliorie comunicative tra le aree del cervello offerte dall’attività di lettura, potrebbe anche rappresentare un importante passo in avanti nel trattamento dei disordini dello sviluppo psichico del bambino. Uno studio promosso dalla Carnegie Mellon University, per esempio, ha rilevato che 100 ore di lezioni intensive di lettura hanno migliorato le capacità di lettura dei bambini tramite un aumento della quantità di materia bianca presente nel cervello utile al miglioramento della comunicazione fra aree cerebrali.

I risultati, ha affermato il dr. Thomas Insel, direttore del National Institute of Mental Health, suggeriscono "un nuovo approccio curativo eccitante nel trattamento dei disturbi mentali, che sembrano essere sempre più dovuti a problemi in specifici circuiti cerebrali".

La teoria della mente

La lettura non migliora solo la cognizione generale, ma può anche portare a sviluppare nell’individuo una raffinata "teoria della mente", termine usato dagli scienziati per descrivere la modalità di attribuzione di stati mentali ad altre persone ed il come, tramite questi stati, spieghiamo e prevediamo le azioni di quelle stesse persone.

Le migliorie alla teoria della mente, o "Psicologia intuitiva" come viene anche tecnicamente chiamata, possono portare a maggiori livelli di empatia consentendo così di "tenere in mente contemporaneamente più prospettive d’azione sociale, le quali possono risultare funzionali al mantenimento della relazione”.

La teoria della mente migliorata deriva principalmente dalla lettura delle narrative, suggerisce la ricerca. Una meta-analisi pubblicata dallo psicologo Raymond A. Mar della York University di Toronto ha rivelato che meglio si comprendono gli eventi in una narrazione, meglio si potrà capire e, in alcuni casi di spiccato talento intuitivo, anticipare le azioni e le intenzioni di chi ci circonda.

A tal proposito, anche la tipologia di narrativa può fare la differenza. Uno studio, condotto dagli psicologi David Comer Kidd e Emanuele Castano della New School for Social Research, ha messo alla prova l'effetto delle differenze nella qualità dello scritto sulle risposte empatiche, assegnando casualmente 1.000 brani estratti da best seller e narrativa letteraria. I ricercatori hanno usato due test di teoria della mente per misurare i gradi di empatia individuali scoprendo che i punteggi erano costantemente più alti per coloro che avevano letto la narrativa letteraria rispetto a chi aveva letto testi di narrativa o di saggistica popolari.

Altre ricerche hanno scoperto che il linguaggio descrittivo stimola regioni del nostro cervello non classicamente associate alla lettura.

Uno studio del 2006 pubblicato sulla rivista NeuroImage, ha dimostrato che parole come lavanda, cannella e sapone suscitano una risposta non solo dalle aree di elaborazione del linguaggio del nostro cervello, ma anche da quelle dedicate a trattare gli stimoli olfattivi.

La lettura, in altre parole, può simulare efficacemente la realtà nel cervello producendo autentiche risposte emotive: esso, a quanto pare, non fa molta distinzione tra leggere un'esperienza piuttosto che viverla sensorialmente.

Da ciò si può trarre il fatto che le modifiche operate ai tessuti connettivi fra aree diverse del cervello messo in atto dalla lettura - anche se forse temporanee e necessitanti di frequenti aggiornamenti - ci rende davvero più cognitivi e socialmente abili.