La scoperta dell’IIT, l’Istituto Italiano di Tecnologia, servirà per progettare i trattamenti farmacologici in modo che siano più efficaci e che agiscano sul centro esatto del disturbo del quale soffrono oltre 25000 persone in Italia e 24 milioni (stima OMS) nel mondo.

Nuovi risultati sulla schizofrenia

Fino ad ora la teoria più accreditata affermava che l’origine della schizofrenia fosse da ricercare nella corteccia frontale, l’area del cervello più recente nell’evoluzione umana, che si occupa delle funzioni cognitivamente complesse come il linguaggio, la progettazione e l’interazione sociale.Lo studio condotto da Cécile Bordier ha analizzato 94 soggetti malati e altrettanti soggetti sani, mediante l’uso della risonanza magnetica funzionale, la tecnica che permette di monitorare l’attività del cervello per scoprire quali sono le aree più attive durante certe azioni, come, in questo caso, le distorsioni della percezione e le allucinazioni.

Le aree della corteccia frontale non hanno subito significative alterazioni, il che dimostra come l’origine sia “più in basso”, dove le percezioni vengono integrate con la capacità regolatoria della corteccia: gli autori hanno chiamato questo processo “frammentazione della connettività funzionale”. Le diverse aree di questa macro zona del cervello non comunicano correttamente tra di loro e questo porta ai sintomi del disturbo: frammentazione del sonno e della veglia, deliri, allucinazioni,eloquio disorganizzato, comportamento disorganizzato o catatonico.

Progresso nel campo

I risultati della ricerca italiana sembrano essere molto plausibili poiché il termine schizofrenia indica propria una separazione, uno scollamento tra la percezione della realtà oggettuale e le percezioni soggettive allucinatorie che vengono scambiate per reali: l’incapacità di pensare in modo logico e l’inadeguatezza delle capacità sociali sono fenomeni che sono spiegabili con la mancata integrazione (e da qui lo scollamento dalla realtà) delle diverse zone cerebrali.

Spesso è contraddistinto anche da anosognosia, ovvero dalla mancanza di consapevolezza della propria psicosi. Questo è particolarmente grave perché impedisce una diagnosi precoce, che grazie al trattamento farmacologico può alleviare i sintomi. Tuttavia, al momento non esiste una cura definita e universale: oltre all’assunzione dei farmaci va affiancato sempre, almeno per i casi più gravi, il trattamento psicoterapeutico.Un noto esempio nella storia dell’arte è il pittore Louis Wain che riproduce sempre lo stesso gatto al progredire della sua malattia, ma l’immagine che ne risulta cambia in modo sempre più vistoso,e mostra la frantumazione della realtà che prova lo schizofrenico.