Undici milioni di italiani, ogni giorno, assumono farmaci per curare per la depressione ed è una cifra quattro volte superiore alla media europea. Questi dati sono stati forniti dall’Agenzia per il farmaco e la ricerca è stata condotta dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa. Un dato comunque allarmante era stato anche diffuso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: circa 300 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di depressione, ovvero il 4,4% dell’intera popolazione mondiale. In Italia la percentuale arriva al 20% della popolazione nazionale.
Lo stesso The British Journal of Psychiatry aveva affermato che nel periodo 2010-2015 vi era stato un aumento di antidepressivi in Europa pari al 20%. Nello stesso tempo, però, un malato di depressione su due ritiene sia inutile il trattamento psicologico da un medico.
Vi sono molti esempio di quest’ultimo aspetto. Il più recente è rappresentato dal carabiniere di Cisterna di Latina, Luigi Capasso, che due mesi fa ha ucciso le due sue figlie e se stesso perché depresso, ma pensando che le sedute di analisi fossero non necessarie. Roberto Banon, dopo aver passato ben 15 anni a lavorare nel Consultorio Familiare di Dolo-Mirano, in provincia di Venezia dichiara che il problema riguarda un numero sempre più crescente di uomini e donne di qualsiasi età, sesso e ceto sociale.
Non a caso un esempio molto famoso è Gianluigi Buffon che era entrato in depressione riuscendo a vincere anche quella battaglia.
I tempi cambiano, i problemi restano
Un tempo questa malattia veniva curata attraverso l’insensato e doloroso internamento in manicomi-lager istituiti dalla legge Basaglia, oggi è comunque importante e necessario riconoscere l’emergenza sociale di un diffusissimo male di vivere.
Francesco Moscone, economista della sanità alla Brunel University di Londra afferma che l’invecchiamento delle popolazioni in Europa, la il passaggio da economie industriale a quelle della conoscenza e dei servizi e la crisi economica hanno totalmente cambiato il panorama delle malattie mentali. Vi è un aumento delle malattie croniche con una forte incidenza delle malattie mentali legate al mondo del lavoro.
Ancora nel 2018 vi sono difficoltà nel distinguere depressione e ansia cronica con un passeggero disagio. Paolo Migone, direttore della rivista Psicoterapia e Scienze Umane afferma: “Assistiamo in ogni parte del mondo alle lusinghe dei Counselor, che promettono di risolvere i problemi velocemente. Sono chiare truffe, praticate da operatori che non hanno un percorso di studio adeguato. Nessuna malattia mentale non si cura in poco tempo”.
I farmaci aiutano? Non sempre, da soli sono praticamente inutili soprattutto nella cura della depressione, ma Migone stesso afferma che ormai le case farmaceutiche che li producono controllano le riviste specializzate, organizzano congressi e monopolizzano il mercato.
Certamente è più efficace la relazione interpersonale tra medico e paziente. Quest’ultimo soprattutto per cercare di affrontare i cosiddetti nuovi disturbi della personalità che possono essere rappresentati in tagli praticati sul corpo, le nuove dipendenze o anche una sessualità prevalentemente masturbatoria, spesso davanti al computer, o promiscua per nulla affettiva.
Curarsi o curarsi bene? Dipende dai costi
Come per ogni cosa, anche in questo contesto entra prepotentemente il fattore economico. I costi riguardanti il trattamento della Salute mentale sono molto “emergenziali” come viene definito da un rapporto dell’Unione Europea. Si stanziano circa 240 miliardi di euro all’anno per prevenire e curare queste malattie e gli antidepressivi rappresentano una delle principali componenti della spesa farmaceutica pubblica come afferma anche Luca Pani, ex direttore generale dell’Agenzia per il farmaco, docente al dipartimento di Psichiatria e Scienze Comportamentali dell’Università di Miami.
Basti pensare che la spesa annuale, in Italia, ha raggiunto la cifra di 800 milioni di euro. È chiaro che non costa tanto curarsi, quanto curarsi bene. Allora chi è povero, come fa?
Il servizio sanitario nazionale prevede che il paziente possa rivolgersi al medico di base e, a quel punto, sarà lui stesso a prendere la decisione di indirizzarlo verso un terapeuta, un centro di salute mentale o un consultorio totalmente gratuito. Il problema, come dichiara Silvana Galderisi, presidente dell’Associazione Europea di Psichiatria, è che un medico di famiglia con 1500 assistiti circa visita dai 45 ai 75 pazienti depressi. Una diagnosi corretta viene formulata solo nel 40% dei casi e solo la metà di essi riceve un trattamento adeguato.
A questo punto entra il fattore medico poiché il ruolo del terapeuta è di vitale importanza. Basta una parola sbagliata e il paziente scappa via e i soggetti più a rischio sono gli uomini. Di contro si sta assistendo ad un abbassamento dei costi delle terapie, poiché pur di accaparrarsi i clienti c’è chi pratica prezzi stracciati. Questo è stato confermato anche da Banon e Migone che afferma come il costo sia identico ad andare in discoteca o iscriversi in palestra.
Italia al primo posto come numero di psicologi
Purtroppo, però, anche i terapisti non se la passano benissimo. Gli studenti di psicologia si indignano dinnanzi a tirocini in cui l’unico compito è quello di stare dietro ad una scrivania a rispondere alle telefonate come qualsiasi segretario.
Poi, una volta trovato il lavoro per il loro indirizzo di studi, dopo aver studiato per ben 11 anni e aver fatto 1000 ore di tirocinio, sono quasi costretti a lavorare a 7,50 euro lordi l’ora in qualche cooperativa. Questo è quanto viene detto dai 61mila studenti iscritti in psicologia in Italia. I numeri condivisi dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi parlano chiaro: solo la metà degli oltre 100.000 iscritti versa i contributi alla cassa di previdenza. Ciò significa che il 50% degli psicoterapeuti italiani è disoccupato o sottoccupato, per un reddito medio di 960 euro mensili. In Italia ci sono 60 psicologi ogni 100.000 abitanti. Nel Regno Unito sono 23, in Spagna 7. Un primato aiutato dalla nascita di troppe scuole e indirizzi di laurea in psicologia: 370.
Infine serve infondere fiducia nei pazienti. Alberta Emiliani, analista a Bologna, afferma che un numero crescente di pazienti viene a studio e dice: “Dottoressa sto male, cosa devo fare?”. Hanno subito bisogno di risposte a tal punto da non avere mai tempo per altre sedute e disdire continuamente le sedute preventivamente accordate. Serve una risposta non solo individuale, ma anche sociale e politica. È necessario ritrovare ideali che ci permettano di ritrovare la fiducia in noi stessi, negli altri e nel futuro: oggi è proprio del futuro che ci sentiamo derubati. Questo è quanto afferma Anna Maria Nicolò, presidente della Società Psicanalitica Italiana, la quale aggiunge che un metodo molto funzionale per approcciarsi alla realtà è quello di dubitare (come affermava Cartesio con la famosa locuzione "Cogito Ergo Sum").
Troppe volte le scoperte della scienza attuale fanno immaginare di essere onnipotenti, o immortali: possiamo cambiare il corpo, mai invecchiare, avere figli anche oltre la menopausa, ma queste sono soluzioni utopiche. Se riusciamo a riconoscere l’incertezza che ognuno di noi conserva nella natura umana e non ce ne facciamo dominare, avremo una posizione sempre critica e matura.