Non molto tempo fa vedeva la luce il Piano nazionale delle cronicità, cioè un programma che ha come interesse primario i malati cronici e coloro che sono affetti da malattie rare. Questo piano era diviso in differenti stadi. Stadi che il sedicesimo Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità “Cittadini con cronicità: molti atti, pochi fatti” ha analizzato nel dettaglio, allo scopo di accertarsi che tutti fossero stati compiuti. La situazione che fa capolino non è però delle migliori. A parte le notevoli differenze regionali, i malati non si dicono soddisfatti della condizione in cui si vedono catapultati, non per loro scelta, ogni giorno.

Il problema principale per la maggior parte di essi è l’attenzione a loro dedicata, cioè che ciò che principalmente manca è proprio la preoccupazione per tutti gli ostacoli, non solo fisici, che si vedono costretti a superare. Molte volte infatti, problematiche come il peso economico delle cure o dei farmaci, la criticità nel riuscire ad avere un piano terapeutico idoneo, il riguardo ed il rispetto per i pazienti o il disagio mentale che essi devono combattere ogni giorno passano totalmente inosservate, lasciando di fatti i malati soli nella loro infelice condizione di oblio. L’80,5% richiede maggiore umanità nelle cure e maggiore ascolto, pochi meno lamentano inoltre interminabili liste d’attesa o un totale disinteresse verso la propria famiglia, lasciate sola a cercare di comprendere quale sia il miglior modo per gestire la situazione.

Anche la burocrazia gioca un ruolo importante come antagonista della felicità dei malati.

Gli ostacoli verso il benessere

Le accuse vanno dunque da una troppo flebile prevenzione, alla mancata considerazione dell’impatto economico della malattia, alle cure in se stesse e alle (in)capacità dei medici incaricati, che talvolta non sono al corrente dei risvolti della malattia.

Ciò che causa più rabbia è che i Percorsi Diagnostici-Terapeutici Assistenziali (Pdta) sono sparsi a macchie di leopardo sul territorio, venendosi a creare un grave disequilibrio. Laddove sono presenti, infatti, funzionano molto bene, incontrando l’entusiasmo dei pazienti. Questa situazione non è altro che un’ulteriore riprova che le possibilità esistono e funzionano, ma che sono parzialmente inaccessibili.

Inoltre, anche l’assistenza offerta alle persone non è delle migliori. Oltre le già citate infinite liste d’attesa, la carenza di medici specialisti grava sulla situazione dei malati, arrivando addirittura ad averne una completa mancanza nelle residenze sanitarie assistenziali (le quali presentano prezzi spropositati considerando che il loro compito è quello di riabilitare gli uomini o le donne che vi si recano, in tempi comunque troppo brevi per una completa cura). Troppo poco tempo anche per l’aiuto a casa, che non permette al paziente di riprendersi efficacemente.

Le nascoste ripercussioni psichiche tra le generazioni

Nonostante questi problemi tocchino di fatto l’intero stato e l’intera popolazione, presentano caratteristiche particolari che, anch’esse, troppo spesso vengono prese sotto gamba; vale a dire le differenze di età tra i malati.

Ogni stagione della vita presenta delle specificità differenti che vengono poco considerate, facendo di fatto di tutta l’erba un fascio. Tutte queste difficoltà, oltre che fisiche, si rimarcano anche nella parte psicologica, compromettendo il benessere psichico dei pazienti. I bimbi trovano arduo l’aprirsi con gli altri riguardo al loro problema, e accusano difficoltà di riuscire a sentirsi inclusi in attività al di fuori del complesso scolastico. Quelli più avanti con gli anni invece falliscono nel farsi riconoscere l’eventuale disabilità o l’appoggio in ufficio. Per gli anziani i punti critici sono invece il sentirsi soli tra la società o, ancora, le complicazioni sul piano economico.