Un team di ricercatori statunitensi della Marshall University Joan C. Edwards School of Medicine ha individuato, attraverso un apposito studio scientifico eseguito sui ratti, un particolare enzima denominato 'adenosina trifosfatasi sodio-potassio' che sarebbe direttamente coinvolto nel naturale processo d’invecchiamento.

Lo studio è stato incentrato su dei trials che hanno visto coinvolti dei topi alimentati per l’intera durata dell’esperimento esclusivamente con mangime ad alto contenuto di grassi e carboidrati, al fine di stimolarne lo stress ossidante ed accelerarne il loro naturale processo d'invecchiamento; durante l'esperimento è stato osservato che l'invecchiamento nei roditori trattati con questo enzima era notevolmente rallentato.

L'enzima rallenta il naturale processo di invecchiamento

I ricercatori, durante lo studio durato circa un anno, hanno appurato che nei topi in cui era stato iniettato questo particolare enzima, l'adenosina trifosfatasi sodio-potassio, gli effetti dell'invecchiamento sono risultati notevolmente attenuati. La scoperta è da rilevarsi di particolare importanza per l'identificazione di quello che potrebbe essere in futuro un preciso bersaglio nella messa a punto di una terapia antinvecchiamento.

I ricercatori hanno dimostrato che il ciclo di amplificazione degli ossidanti è intimamente coinvolto nel processo di invecchiamento, i dati emersi dallo studio, infatti, suggeriscono chiaramente che l'enzima adenosina trifosfatasi sodio-potassio partecipa al ciclo di generazione delle forme attive di ossigeno ed incide sul naturale processo d'invecchiamento.

I risultati sono una base per una futura terapia antinvecchiamento

I risultati, pubblicati lo scorso 26 giugno su Scientific Reports, rivestono particolare importanza in quanto, qualora venissero confermati su studi umani, potrebbero rappresentare una importante base per concepire una terapia in grado di rallentare l'invecchiamento con particolare applicazione nell'ambito del cosiddetto 'invecchiamento clinico', ossia in quei casi in cui le funzioni fisiologiche sono compromesse dallo sviluppo di una malattia.

Il prossimo passo per i ricercatori sarà quello di scoprire se questo nuovo enzima abbia delle proprietà o effettivi negativi o nocivi per l'uomo e, se fosse scientificamente dimostrato che esso è del tutto innocuo o comunque i suoi benefici superiori agli eventuali danni, la scoperta potrà costituire la base di una terapia anti-invecchiamento.