La malattia di Huntington, nota in passato come Còrea di Huntington, è una patologia neurodegenerativa genetica che colpisce la coordinazione muscolare e porta ad un decadimento cognitivo e a declino psichiatrico. Secoli fa i malati di Corea di Huntington erano spesso definiti "indemoniati" data la mancanza di coordinazione dei loro movimenti e i numerosi episodi di perdita di controllo delle membra e delle capacità mentali. Il decorso della malattia prevede l'aggravarsi dei sintomi fino al calo delle facoltà psichiche e all'insorgere di complicanze, come disturbi cardiaci e polmonite.

Fino ad oggi il trattamento previsto era solo farmacologico e spesso non riusciva a contrastare la sintomatologia, ma una nuova terapia sperimentale è appena stata avviata in Italia, aprendo nuove vie ai trattamenti.

Una malattia sempre temuta

La malattia, per secoli un vero e proprio "stigma sociale", venne definita Corea a casusa dei tipici movimenti a scatti simili ad una danza frenetica: il primo scienziato a descriverla nei dettagli fu George Huntington, da cui la patologia prese il nome. Durante il nazismo in Germania si richiedeva la sterilizzazione coatta per i portatori della malattia, in modo da poterla arginare con metodi drastici. Nel 1993 i genetisti hanno scoperto che la malattia è determinata da una mutazione di tipo autosomico dominante, in un gene che codifica per la proteina huntingtina: se una persona presenta la mutazione, la sua prole ha la probabilità del 50% di ereditare la patologia.

I sintomi fisici della malattia iniziano a qualsiasi età, ma soprattutto tra i 35 e i 44 anni di età. Oggi la ricerca scientifica dedica molte sperimentazioni atte a cercare di arginare la sua diffusione: in Italia i malati sono circa 6.500 ma sono oltre 40mila le persone a rischio.

Una nuova sperimentazione

L'Italia è inclusa in un gruppo di Paesi che nel 2019 procederanno con una nuova sperimentazione: una terapia mai provata prima d'ora che utilizzerà farmaci chiamati "anti- senso".

Il loro nome spiega che i farmaci agiranno sull'espressione genica della patologia e cioè impediranno al gene della malattia di Huntington di esprimere la proteina responsabile del danno cellulare. La sperimentazione è stata presentata a Roma durante un convegno sulla patologia ed interesserà Centri di eccellenza italiani, europei e statunitensi e sarà condotta dall'University College di Londra.

In Italia coinvolgerà l'Istituto Besta di Milano, le Università di Genova, Bologna, Firenze e la Sapienza di Roma, mentre il progetto avrà la coordinazione del professor Ferdinando Squitieri, neurologo dell'Istituto C.S.S. Mendel e direttore scientifico della Lega italiana ricerca Huntington, nonché a capo dell'unità dell'Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Nella sperimentazione entreranno come campione 660 pazienti in 90 centri per un lasso di tempo di 25 mesi, ed avrà come primo scopo il rallentamento della progressione della sintomatologia. Dopo la prima fase la ricerca sarà dedicata anche ai portatori del gene mutato che non hanno ancora manifestato i sintomi.