La resistenza di un numero crescente di batteri ai comuni antibiotici è da anni al centro dell’attenzione della OMS. Servono urgentemente nuovi antibiotici. Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, prova a definire il quadro. Sono attualmente disponibili ben 700 farmaci antimicrobici di cui più di 450 sono antibiotici. Spesso questi farmaci sono inefficaci contro alcuni batteri multi-resistenti, ovvero che hanno sviluppato una resistenza verso più antibiotici. Servono urgentemente nuovi farmaci: sono 59 quelli che attualmente vengono studiati in una fase di sperimentazione clinica.

La minaccia è che entro il 2050, in tutto il mondo 2,4 milioni di individui potrebbero morire a causa del fenomeno della resistenza antimicrobica. Già adesso, è stimato che ogni anno in Italia 11.000 persone muoiono a causa di un’infezione causata ad uno degli otto batteri antibiotico-resistenti.

In sperimentazione 59 nuovi antibiotici

Secondo le ultimi previsioni, Italia insieme a Grecia e Portogallo si collocherebbero ai primi posti tra i Paesi dell'Ocse per gli elevati tassi di mortalità da infezioni causate da batteri antibiotici-resistenti. Secondo alcune stime, entro il 2050 questo fenomeno potrebbe causare una crisi finanziaria di portata paragonabile alla crisi del 2008-2009.

A questo allarmante scenario prova a fare chiarezza il massimo esponente della Farmindustria italiana, il Dr.

Massimo Scaccabarozzi che nei giorni scorsi ha invitato a Roma Ranieri Guerra, esperto dell'Organizzazione mondiale della Sanità, per parlare di questo fenomeno. Secondo Scaccabarozzi, fino al 2050 in Europa, Nord America e Australia ben 2,4 milioni di individui potrebbero morire a causa del fenomeno dell’antibiotico-resistenza.

Attualmente sono disponibili ben 700 farmaci contro i microbi, di cui 450 sono antibiotici cioè specifici contro i batteri, 177 sono farmaci antivirali, 88 sono antiprotozoari e 13 contro gli elminti.

Nonostante questo armamentario, spesso queste armi sono inoffensive contro gli aggressori. Così l’industria sta sviluppando nuove molecole: sono 59 i nuovi antibiotici in sperimentazione clinica.

Nel nostro Paese sono otto i batteri multi-resistenti che maggiormente preoccupano il sistema sanitario, e che sono responsabili di ben 11mila decessi ogni anno. Numeri destinati a crescere di anno in anno se non cambia qualcosa e se non arriveranno nuovi farmaci.

Già ora, insieme a Grecia e Portogallo, siamo quelli che stanno peggio in Europa, con un costo sociale che, da qui al 2050, potrebbe raggiungere i 13 miliardi. Pari ad una finanziaria.

Problema complesso da affrontare in modo armonico

Il problema della resistenza agli antibiotici è un fenomeno che è conseguente ad errati comportamenti, da più parti, protratti per anni. Adesso è necessario affrontarlo anche dal punto di vista culturale: facendo formazione nelle scuole, sensibilizzando tutti i sanitari e controllando le filiere alimentari dove si è fatto un largo uso di antibiotici, soprattutto negli allevamenti.

Ma l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sono anni che sta monitorando il fenomeno e lanciando appelli alle istituzioni e alle industrie farmaceutiche. Nel 2016, le Big Pharma firmarono la Dichiarazione di Davos, impegnandosi a riprendere le ricerche finalizzate allo sviluppo di nuovi antibiotici. In seguito, altre 13 aziende hanno potenziato i loro programmi di sviluppo con l’obiettivo di arrivare al 2020 con nuovi farmaci.

Secondo Guerra, intervenuto al convegno di Roma, dietro questo fenomeno c’è una precisa responsabilità anche degli allevatori zootecnici che sia negli allevamenti che in agricoltura hanno usato quantità eccessive di antibiotici favorendo e accelerando lo sviluppo di ceppi resistenti agli antibiotici.

Il 75% degli antibiotici usati negli allevamenti ittici, ad esempio negli allevamenti dei gamberetti, si disperde nell'ambiente circostante (mare). Altro dato: il 70% della produzione degli antibiotici è destinata agli allevamenti zootecnici.

Un modo per limitare l’uso degli antibiotici è anche l’uso dei vaccini. Una esperienza positiva in tal senso arriva dalla Francia dove, un uso capillare del vaccino anti-pneumococcico ha contribuito a ridurre l'utilizzo di antibiotici dal 49,7% al 27%. Molta strada rimane ancora da fare. Forse troppo tempo si è già perso ma adesso la percezione del pericolo è ormai patrimonio diffuso e questo ci fa guardare al futuro con un certo ottimismo.