Se ne parla da 10 anni e, dopo uno scetticismo iniziale, è aumentata sempre di più la consapevolezza della sua esistenza, oltre alla celiachia e all’allergia al grano. Può presentarsi a qualsiasi età, ma è più frequente nei giovani adulti (30-40 anni) e nelle donne, in rapporto 5:1 rispetto agli uomini.

I sintomi intestinali (gonfiore, diarrea o costipazione, reflusso gastroesofageo, nausea) ed extraintestinali (mal di testa, ansia, difficoltà cognitive), simili a quelli della sindrome del colon irritabile, si manifestano entro poche ore o giorni dall’ingestione di cereali con glutine (grano, farro, orzo e segale) e migliorano dopo eliminazione del glutine.

Se ne cercano ancora le cause, ma secondo l’ultimo studio dei ricercatori del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, una di esse sarebbe la disbiosi del microbiota (cambiamento della popolazione dei microbi intestinali con più batteri patogeni e meno batteri buoni) che induce infiammazione di grado lieve della mucosa dell’intestino tenue e disfunzione della barriera epiteliale intestinale, contribuendo alla patogenesi della gluten sensitivity.

Di conseguenza, nonostante i villi intestinali siano apparentemente normali, i soggetti con gluten sensitivity presentano un’attivazione dell’immunità innata e malassorbimento intestinale lieve che determina una riduzione plasmatica di vitamina D3, ferritina e acido folico.

Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Gastroenterology Clinics of North America nel marzo 2019.

Gluten sensitivity

In seguito all’incremento della permeabilità intestinale, oltre al glutine, altri componenti del grano come gli inibitori tripsina e amilasi (ATI) e i carboidrati ad alta fermentazione dei cereali, lattosio e fruttani (detti FODMAP) possono contribuire alla comparsa dei sintomi, poiché stimolano il sistema immunitario.

Da un punto di vista istopatologico l’architettura villosa viene conservata, ma i linfociti intraepiteliali (IEL) aumentano lievemente (con grado 1 secondo la classificazione Marsh-Oberhuber: 25-40 linfociti), nella parte più profonda della mucosa dei villi, in un terzo dei soggetti.

Nel siero del 50% dei pazienti è stato osservato un incremento degli anticorpi antigliadina IgG, mentre non è stata rilevata alcuna associazione tra sensibilità al glutine e marcatori genetici, né HLA-DQ2 o DQ8, markers della celiachia.

Disbiosi intestinale e conseguenze

La disbiosi del microbiota intestinale come causa di potenziamento della permeabilità intestinale a causa di eccessiva igiene, infezioni, uso smodato di antibiotici e farmaci, modifiche nella coltivazione, preparazione e processamento del grano rispetto al cosiddetto “grano antico”, è stata discussa dai ricercatori bolognesi.

Sui pazienti sensibili al glutine è stato riscontrato, mediante test lattulosio-mannitolo, un danno della barriera intestinale, rivelatosi reversibile a seguito dell’eliminazione di alimenti col glutine.

Hanno mostrato anche reattività anticorpale ai prodotti dei microbi intestinali patogeni (LPS e flagellina) e innalzamento dei livelli circolanti delle proteine di legame ad LPS, confermando la presenza di una barriera intestinale compromessa.

E’ stata osservata anche la successiva traslocazione batterica dei microbi patogeni e dei loro prodotti, attraverso la mucosa dell’intestino, ai linfonodi mesenterici, alla milza, al fegato, al peritoneo.

Queste ricerche suggeriscono che la combinazione di marcatori sierologici dell’attivazione immunitaria e del danno cellulare intestinale possono essere utili nell’aiutare, in futuro, la diagnosi della gluten sensitivity.