La dieta paleolitica, un regime alimentare basato sugli alimenti disponibili prima dell'avvento dell’agricoltura e dell’allevamento di bestiame, ha recentemente guadagnato popolarità per la capacità di controllare gli sbalzi della glicemia. I ricercatori del Lis Maternity Hospital, Università di Tel Aviv, Israele, si sono dunque chiesti se la dieta fosse in grado di essere efficace anche nelle donne in Gravidanza, frequentemente insulinoresistenti, e hanno dunque avviato uno studio confrontando l’azione della dieta paleolitica su un gruppo di 37 donne in gestazione, con quella di una dieta regolare somministrata ad altre 39 donne con BMI (body mass index) simili.
I risultati sono stati appena pubblicati su PubMed.
La dieta paleolitica seguita durante la gravidanza ha dimostrato effettivamente di aumentare la tolleranza del glucosio, i livelli di emoglobina e le riserve di ferro, rispetto alla dieta regolare, e di ridurre il guadagno di peso nella gestazione. Non sono state osservate complicazioni nella gravidanza come preeclampsia, diabete gestazionale, ritardo di crescita intrauterino. I neonati del gruppo paleolitico sono risultati più magri, appropriati per l’età gestazionale e senza alterazioni. Questi dati suggeriscono un’eventuale applicazione della dieta paleolitica per inibire l’insulino resistenza nelle donne predisposte al diabete gestazionale.
Dieta paleolitica e prima sperimentazione nella gravidanza
I sostenitori della dieta paleolitica suggeriscono che gli esseri umani ancora non siano geneticamente adattati alla dieta moderna industrializzata, basata sulla coltivazione delle piante e dei cereali e sulla crescita del bestiame; come conseguenza vengono favorite malattie croniche come il diabete di tipo 2, l’obesità e le malattie cardiovascolari.
Invece, come i sostenitori della paleodieta affermano, diversi studi clinici condotti in pazienti con diabete mellito 2 sottoposti a dieta paleolitica hanno rivelato un miglioramento della tolleranza al glucosio e di tutti i componenti della sindrome metabolica.
Dati i presupposti, si è ipotizzato che potesse essere efficace anche nella gravidanza, dove sussistono cambiamenti metabolici, biochimici e ematologici, come insulino resistenza e anemia, poiché due terzi del ferro assorbito dagli alimenti viene utilizzato per bisogni materni e un terzo per feto e placenta.
Studio clinico presso l'Università di Tel Aviv
Il gruppo di 37 donne in gravidanza che ha seguito la dieta paleolitica ha assunto carne magra, pesce, frutta, ortaggi di vario tipo, uova, semi oleosi e ha escluso cereali, derivati del latte, fagioli, grassi raffinati, caramelle, succhi di frutta, birra, sale e zucchero; quello di 39 donne di controllo ha adottato una dieta più "comune" e comunque completa e bilanciata per la loro situazione.
Già a 24 settimane di gestazione, nel gruppo del metodo paleolitico i livelli di glucosio sono stati significativamente più bassi (95.8 mg/dL vs. 123.1 mg/dL, p < 0.01), mentre emoglobina (12.1 g/dL vs. 11.05 g/dL p < 0.01) e ferritina (32.1 vs. 21.3 mg/mL, p = 0.03) erano più alte.
Il guadagno di peso materno è stato minore nel gruppo paleolitico (9.3 Kg vs. 10.8 kg, p = 0.03) e il peso dei nati inferiore (3098 g vs. 3275 g, p = 0.046), con nessun effetto avverso.
La nutrizione paleolitica, ricca di ferro contenuto in pollo, pesce carne, spinaci, cavolo, tacchino, e priva di latte di mucca che ne riduce l’assorbimento, ha dimostrato di sopperire all’aumento di richiesta di ferro nella gestazione come riflesso dell’ematopoiesi e della crescita fetale.