Dopo il coronavirus, il mondo potrebbe essere a rischio di una nuova epidemia, questa volta di febbre gialla. Così annuncia sulla propria pagina di Facebook il direttore della Clinica malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova Matteo Bassetti, che in un lungo post ha elencato le probabili e molteplici cause delle future epidemie. Tra di esse troviamo l’abuso di antibiotici, la sovrappopolazione e la globalizzazione, tutti fattori che rendono i virus più resistenti e che permettono loro di contagiare rapidamente e con facilità l’intero pianeta, come è avvenuto con il SARS-CoV-2.

Entrando nello specifico del nostro Paese, poi, l’infettivologo genovese avverte del rischio che “a causa del fenomeno della tropicalizzazione, possano diffondersi malattie tipiche di fasce climatiche differenti” quali appunto la febbre gialla che è anzi “una seria candidata per una futura pandemia”.

La tropicalizzazione e il rischio di nuove epidemie

A far temere un arrivo in Italia della febbre gialla, tipica delle fasce tropicali dell’America Latina e dell’Africa, sono i continui mutamenti climatici, che danno luogo nel nostro Paese a estati ormai caratterizzate da ondate di caldo eccezionali, violenti e improvvisi acquazzoni e temperature che sovente superano i 40 gradi. L’insieme di questi fenomeni, infatti, può creare le condizioni di vita delle zanzare africane del genere Aedes, che sono i principali vettori del virus e che, come evidenzia Bassetti si stanno già diffondendo in tutto il mondo.

L’allarme a riguardo è stato dato già tre anni fa, quando il Brasile si è trovato costretto a fronteggiare un’epidemia di febbre gialla, e ha portato alla nascita di un piano di lungo periodo per la lotta alla malattia su scala globale, l’Eliminate yellow fever epidemics (EYE), sostenuto da da Gavi, Unicef e WHO.

La febbre gialla: sintomi e mortalità

La febbre gialla è un’infezione che colpisce circa 200.000 soggetti ogni anno, per la maggior parte africani (90%), con una mortalità variabile tra il 20 e il 50% nei casi in cui si sviluppino sintomi gravi. La maggior parte dei pazienti guarisce dopo 3 o 4 giorni, ma la malattia è difficile da identificare perché i suoi sintomi sono simili a quelli di altre infezioni tropicali come la malaria o la dengue.

Una volta trasmesso tramite puntura da una zanzara infetta, infatti, il virus si replica in prevalenza nelle cellule epatiche del malato, colpendo anche i reni, causando febbre, nausea e dolori muscolari. Nei casi più gravi sopraggiungono degenerazione e necrosi delle cellule del fegato e si forma l’ittero, ossia una morte troppo rapida dei globuli rossi, con conseguente insufficienza epatica e comparsa del colorito giallognolo nel paziente, sintomo da cui prende il nome la malattia.

I precedenti

Anche se il pericolo non è immediato e non c’è ragione di creare allarmismo, Bassetti cita due precedenti significativi: “il virus del Nilo Occidentale, che può provocare malattie gravi del cervello” e il virus chikungunya, che “è diventato addirittura endemico in un’area del Polesine” (Veneto meridionale). Entrambi si trasmettono, proprio come la febbre gialla, tramite puntura di zanzara.