È finita con un’assoluzione la prima parte dell’inchiesta “Paga e corri”. Tutto era cominciato con un articolo di Marco Bonarrigo sul Correre della Sera. Il giornalista aveva scoperchiato un sistema di cui molti sospettavano, l’abitudine delle squadre di chiedere soldi ai giovani corridori per fare il salto nel Ciclismo professionistico. Per i team manager di Androni, Bardiani e Wilier erano scattate delle pesanti richieste di inibizione, da uno a due anni, ma la disciplinare della Federciclismo ha deciso di assolvere tutti.

Ciclismo, un sistema che non esiste?

Servirà ancora qualche giorno per leggere le motivazioni della sentenza e capire se il Coni deciderà di presentare un ricorso, ma questa prima parte dell’inchiesta “Paga e corri” si è conclusa con un successo pieno per Bardiani, Androni e Wilier, le tre squadre incriminate con i rispettivi team manager. L’inchiesta accusava Bruno Reverberi, Gianni Savio e Angelo Citracca di aver ingaggiato dei corridori neoprofessionisti solo dietro pagamenti in denaro, effettuati dal corridore stesso o da sponsor personali. Un sistema che secondo questa inchiesta sembrerebbe diffuso ai livelli medio bassi del ciclismo, coinvolgendo squadre e procuratori, andando a danneggiare quei corridori di buon talento ma senza appoggi economici.

Tra le testimonianze più eclatanti è stata quella di Matteo Mammini, che nonostante un titolo di Campione d’Italia under 23 e un sesto posto ai Mondiali non è mai riuscito a passare al ciclismo pro. Mammini ha dichiarato che una squadra gli ha chiesto 50.000 euro per passare professionista. Da allora il ragazzo toscano è diventato un ex corridore.

Per Reverberi, Savio e Citracca erano state richieste condanne di inibizione da uno a due anni, ma la sentenza della disciplinare della Federciclismo è stata di assoluzione per tutti e tre. Anche l’eventuale ricorso sarà giudicato dalla Federciclismo e non da un organo esterno. Per altri aggiornamenti sulla vicenda cliccate il tasto Segui in alto a destra.