Doping tecnologico nel Ciclismo amatoriale. Sembra un controsenso la ricorsa ad un aiuto illecito per chi pedala solo per diletto, e invece in una corsa amatoriale di Bedizzole, in provincia di Brescia, è successo davvero. Un cicloamatore di 53 anni è stato trovato con una bici truccata, nella quale era stato nascosto uno dei famigerati motorini di cui si parla da tempo anche nel ciclismo professionistico. La scoperta è stata fatta grazie alle telecamere termiche usate dai giudici e non con i tablet che vengono usati più comunemente durante i controlli che vengono svolti nelle corse professionistiche.

Il doping tecnologico nel ciclismo amatoriale

Di doping tecnologico si parla ormai da anni nel mondo del ciclismo. I sospetti che qualche corridore abbia utilizzato un motorino nascosto nel telaio o nelle ruote della Bicicletta sono forti, ma finora l’unico caso accertato è stato quello di una giovane ciclocrossista belga, Femke Van Den Driessche. L’Uci ha intensificato i controlli nel ciclismo professionistico, utilizzando però una metodologia che non tutti ritengono pienamente affidabile. I controlli avvengono tramite dei tablet che utilizzano un software apposito, ma alcune inchieste condotte nei mesi scorsi hanno rilevato come l’uso delle telecamere termiche possa essere più efficace e più difficilmente aggirabile.

È proprio grazie alle telecamere termiche che è stato scoperto il tentativo di frode di un cicloamatore 53enne, Alessandro Andreoli, in una gara del CSI in programma a Bedizzole. “Abbiamo visto che nel tubo piantone della bici di un corridore sembrava che ci fosse il fuoco” ha raccontato Emiliano Scalfi del CSI alla Gazzetta dello Sport.

La difesa del cicloamatore

Come avviene spesso anche quando si risulta positivi all’antidoping, il cicloamatore in questione ha negato ogni responsabilità, anche se il suo nome è stato cancellato dall’ordine d’arrivo della gara e c’è chi giura che prima di comprare quella nuova bicicletta non fosse mai andato così forte. “I giudici hanno tenuto la bici per un’ora e mezzo mentre sono andato a cambiarmi, vai a sapere cosa hanno fatto. Loro sostengono che dentro c’è un motorino ma non hanno trovato nulla” si è giustificato Andreoli sempre sulla Gazzetta dello Sport.

La ricostruzione del cicloamatore è però un po’ ambigua. Quando gli è stato chiesto di andare in un vicino centro per smontare la bici Andreoli si è rifiutato: “Dovevo andare ad un matrimonio” ha replicato, ed anche la provenienza di quella bici, non comprata nel suo negozio di fiducia, è un po’ dubbia: “L’ho presa da un privato conosciuto al mare a Forte dei Marmi, ma non ricordo il suo nome. Ci siamo trovati per strada, mi piaceva e l’ho presa” ha dichiarato Andreoli.