La torcia è stata accesa, nonostante la pioggia di Olimpia, nonostante le minacce di 'fuoco e fiamme' tra Pyongyang e Washington. Ma per il momento è un altro fuoco ad essere vivo e si muove tra le storiche strade greche dove è stato generato: arriverà in corea del sud l'1 novembre. Da lì inizierà il suo viaggio per la parte meridionale della penisola, fino al 9 febbraio del prossimo anno, quando accenderà il braciere di Pyeongchang e darà il via alle 23° Olimpiadi invernali. Una sede scelta nel 2011, solo che allora non si poteva minimamente immaginare quello che sarebbe accaduto sei anni dopo nella penisola coreana.

Una sede più che mai simbolica di quello che i Giochi Olimpici rappresentavano nell'antichità, momento agonistico sacro e solenne in cui si interrompevano le guerre in atto. Quello spirito, pur con le mille contraddizioni dell'era moderna, è incarnato oggi dai famosi cinque cerchi. Pertanto il CIO non ha avuto il minimo dubbio: i Giochi di Pyeongchang si terranno come previsto e non ci saranno spostamenti o sedi d'emergenza. La fiaccola sarà accesa, a circa 65 km dal 38° parallelo che delimita il confine tra le due Coree.

Il summit di Losanna

I vertici del CIO si sono riuniti a Losanna il 28 ottobre e tra i punti all'ordine del giorno, il primo era legato alla sicurezza dei Giochi Olimpici di Pyeongchang, alla luce della delicata situazione internazionale che coinvolge la penisola coreana.

In vista del summit, gli organi di informazione avevano tracciato scenari variegati e qualcuno aveva anche prospettato che il CIO stesse pensando ad una soluzione d'emergenza, come spostare le gare in altri Paesi se non addirittura sospendere le Olimpiadi a causa dei venti di guerra che non accennano a placarsi, tra Corea del Nord e Stati Uniti.

In realtà l'allarme è stato lanciato dai governi di Regno Unito, Francia e Canada. Londra, secondo quanto scritto dal 'Guardian', avrebbe pronto un 'piano di evacuazione' degli atleti dal villaggio olimpico nel caso in cui scoppiasse davvero la guerra o la tensione tra Pyongyang e Washington raggiungesse livelli ancora più alti.

Francia e Canada, invece, hanno lasciato libertà di scelta ai propri atleti, nel senso che ognuno è singolarmente libero di decidere se andare o meno in Corea del Sud. Da parte del CIO però non ci sono dubbi che i Giochi si terranno e che la 'tregua olimpica' reggerà. "I partecipanti al Summit Olimpico - si legge nella nota del CIO - hanno espresso il loro sostegno ai Giochi ed applaudito il Comitato Organizzatore per quanto predisposto finora. Per quanto riguarda la situazione nella penisola coreana, il CIO è stato a stretto contatto con molti governi e Comitati Olimpici Nazionali, nessuno considera in dubbio lo svolgimento delle Olimpiadi di Pyeongchang. Naturalmente la sicurezza degli atleti è la nostra priorità e, pertanto, proseguiremo a monitorare la situazione insieme ai governi, ai Comitati Nazionali ed alle Federazioni Internazionali".

Giovani ambasciatori di pace

La Corea del Nord, ad ogni modo, dovrebbe prendere parte ai Giochi sudcoreani. Si tratta di un evento, se consideriamo che, per motivi politici, il Comitato Olimpico di Pyongyang boicottò sia le Olimpiadi estive di Los Angeles del 1984 che quelle di Seoul quattro anni dopo. A Pyeongchang ci sarà una rappresentativa molto limitata, gli unici due atleti nordcoreani al via saranno due pattinatori che si esibiranno nella specialità artistica di coppia. Lei si chiama Ryom Tae-ok, ha appena 18 anni; lui è Kim Ju-sik, 25 anni. Hanno centrato l'obiettivo prestigioso della qualificazione olimpica in una gara disputata in Germania. Incredibile la responsabilità che grava sulle loro giovani spalle: se prenderanno parte ai Giochi di Pyeongchang, la tregua olimpica reggerà e sarà davvero uno spettacolo poter ammirare questi due ragazzi, sulle note di 'A day in the life' dei Beatles e dello 'Schiaccianoci' di Tchaikovsky.

Atleti, artisti, ma anche ambasciatori di pace: ad allenarli è un coach canadese, Bruno Marcotte. Come tutti gli sportivi norcordeani, i loro rapporti con la stampa sono praticamente 'blindati' dal regime. Poche parole, da parte di Kim Ju-sik, dopo la grande gioia della qualificazione olimpica. "Mi sentivo davvero nervoso, ma ci siamo sciolti sentendo la gente che ci incitava ed anche la fiducia dell'allenatore".

'Olimpiade della distensione'

Il presidente sudcoreano Moon Jae-in si trovava ad Olimpia lo scorso 24 ottobre, in occasione della cerimonia di accensione della torcia olimpica. Ai giornalisti che gli hanno chiesto di sottolineare l'importanza dei Giochi in un momento internazionale tanto delicato, Moon ha parlato di "Olimpiade della distensione".

Sulla stessa lunghezza d'onda le dichiarazioni del premier Lee Nak-yeon. "I Giochi sono una grande opportunità per la Corea del Nord, perché possono dimostrare al mondo di non essere portatori d'ansia. Il dialogo per la loro partecipazione è aperto da tempo". Un dialogo esteso anche ai Giochi Paralimpici invernali che si terranno a Pyeongchang dal 9 al 18 marzo del prossimo anno e per i quali la Corea del Nord ha già presentato domanda di partecipazione al Comitato Paralimpico Internazionale. La richiesta è stata inviata lo scorso maggio e da parte del ministero degli esteri sudcoreano c'è la massima apertura. "Auspichiamo la partecipazione del vicino settentrione all'evento - ha puntualizzato il ministro degli esteri, Kang Kyung-wha - a prescidere dalla crisi innescata dai test balistici e nucleari di Pyongyang".