Sono passati ormai nove anni da quando il ciclismo italiano ha festeggiato l'ultima vittoria alla Vuelta Espana, il terzo grande giro della stagione che è appena partito. In occasione del via della corsa, scattata da Lisbona sabato 17 agosto, Relevo ha raggiunto il protagonista di quel successo, Fabio Aru. L'ex campione ha raccontato il suo rapporto speciale con la Vuelta e il suo amore per il Ciclismo, che non è venuto meno neanche nell'ultima e tormentata parte della sua carriera. Aru ha fatto delle interessanti riflessioni sulla durezza del ciclismo, spiegando che nessun altro sport pone gli atleti davanti ad una fatica così estrema, ai rischi e agli imprevisti delle cadute e delle condizioni meteo.
"Nel Tennis quando c'è vento o piove non giocano", ha commentato Aru.
Aru: 'Contador è stato un idolo'
Fabio Aru ha vissuto alla Vuelta Espana alcuni dei momenti più intensi ed esaltanti della carriera. Tra il 2014 e il 2015, l'ex corridore sardo fu tra i grandi protagonisti della corsa, prima confermando il talento emerso al Giro al cospetto di campioni come Froome e Contador e poi conquistando la vittoria più importante della carriera.
"Ho corso la Vuelta per la prima volta nel 2014. Volevo consolidare quanto fatto al Giro d'Italia", ha raccontato Fabio Aru, ricordando le sfide in montagna con i campioni più affermati di quel ciclismo. "C'erano Froome, Contador, Valverde, Rodriguez. Io arrivai quinto, fu un successo completo.
Essere tra i primi cinque di quel ciclismo è stato qualcosa di grandioso. Non credo che all'epoca esistessero corridori su strada migliori di loro, e sì, io ero lì. Ricordo che vinsi due tappe", ha continuato Aru, che poi tornò alla Vuelta un anno dopo con ambizioni ancora più alte.
"Nel 2015 la Vuelta era un obiettivo preciso.
Mi trovai bene con tutto, i percorsi duri, il caldo", ha ricordato Aru, che riuscì a strappare la maglia rosa a Tom Dumoulin in una rocambolesca ultima tappa di montagna. "La tappa la vinse Plaza e io guadagnai più di tre minuti su Dumoulin", ha raccontato Fabio Aru.
L'ex corridore ha ricordato quanto sia stato speciale trovarsi di fronte ad Alberto Contador nella prima parte della carriera.
"È sempre stato il mio idolo, un esempio da seguire. Mi piaceva come correva, il suo carisma, come si comportava con le persone", ha ricordato Aru.
'Nonostante tutto, amo il ciclismo'
L'ex campione d'Italia ha fatto poi delle interessanti riflessioni sulle difficoltà che implica uno sport logorante e pericoloso come il ciclismo, che mette i corridori di fronte a situazioni che probabilmente non hanno eguali in nessun'altra disciplina. "Il ciclismo è uno sport duro, senza denigrare tutti gli altri. Faccio un esempio. Anche il nuoto è duro. I nuotatori passano ore e ore in piscina e in palestra, si allenano anche più di noi ciclisti. Ma nel ciclismo la differenza la fa il meteo. Sia in allenamento che in gara dobbiamo correre in condizioni avverse.
Alla Vuelta abbiamo trovato anche 40-45 gradi. Si inizia una salita con 30 e si arriva in cima che ce ne sono 10. Ci sono la pioggia, il vento, le cadute. Tutto questo nel nuoto non c'è. Anche nel tennis, quando c'è vento o piove non giocano", ha dichiarato Fabio Aru.
Secondo l'ex corridore sardo, la capacità di adattarsi, anche mentalmente, a tutte queste situazioni ha un ruolo fondamentale nel ciclismo. "Non dico che il ciclismo sia lo sport più duro, ma fare le discese a novanta all'ora in mezzo al gruppo comporta delle difficoltà e questo incide anche a livello mentale. Nonostante tutto, amo il ciclismo", ha raccontato Fabio Aru.