Come è cambiato l'identikit del lavoratore a Partita Iva oggi, anche a seguito delle riforme Renzi? Analizzando le tasse e le prospettive di guadagno a fronte del livello di tutela, ci rendiamo subito conto che la situazione è ben diversa da quella degli anni '90.
Lavoratori con partita iva: chi erano e chi sono
Di recente Susanna Camusso ha generalizzato puntando il dito contro gli "evasori" che lavorano a partita iva. Ma è proprio vero che i lavoratori indipendenti possono evadere? Non proprio o almeno non sempre.
Il 20 marzo scorso è stato approvato il decreto sul Jobs Act di Matteo Renzi che, tra le altre misure, contiene la proposta di integrazione delle buste paga dei lavoratori dipendenti con 80 euro aggiuntive al mese.
L'Acta, associazione del terziario, ha condannato il fatto che ad usufruirne non siano anche i lavoratori indipendenti. Ma il ministro del lavoro Poletti ha risposto che il Jobs Act contiene già misure per i precari delle partite iva, che lui individua nelle cd partite Iva fasulle. Il riferimento è alla liberalizzazione dei contratti determinati (agevolazioni fiscali per i primi tre anni di assunzione a tempo determinato) che dovrebbe portare alla diminuzione di queste situazioni irregolari, ovvero di rapporti di dipendenza nascosti dietro false partite iva (per il fisco lavoratori autonomi ma di fatto legati ad un unico datore di lavoro e con mansioni, postazione e orari fissi).
Eppure questa visione appare quantomeno riduttiva.
Il dato di fatto innegabile è che questo settore si è evoluto subendo molte modifiche e che quindi andrebbe rivisto dal punto di vista contributivo.
Che partita Iva hai? L'identikit dei lavoratori autonomi
Oggi infatti esistono tre macrocategorie di lavoratori a partita iva: oltre ad imprenditori e professionisti e alle sopra accennate false partite Iva (circa il 10% del totale) ci sono anche lavoratori indipendenti che solitamente sono iscritti alla gestione separata Inps e, se si tratta di giovani, aderiscono al regime dei minimi (per redditi sotto la soglia di 30 mila euro lordi l'anno).
Quest'ultima categoria è la più critica: la pressione fiscale è la stessa dei lavoratori dipendenti ma senza le stesse tutele. Non si tratta certo di un fenomeno marginale (conta circa un milione e mezzo di persone) quindi il governo è tenuto a fare i conti con questa realtà.
Solo nel 2013 sono state aperte 527 mila nuove partite Iva: ben il 78.4% di queste si riferiscono a persone fisiche (partite Iva individuali) e il 50% si compone di giovani under 35 anni.
Il sistema degli acconti penalizza notevolmente chi inizia una nuova attività.
La regolarizzazione di queste partite Iva passa per l'equiparazione dell'Inps a quello dei lavoratori dipendenti (con aliquota media a carico del lavoratore al 9,2%) e per l'introduzione del salario minimo (che potrebbe essere stimato, sulla base del Ddl Fornero a 18 mila euro lordi l'anno).