Una nuova tassa, alla faccia della semplificazione, andrà a gravare sul popolo delle partite IVA nel 2017. L’acronimo del nuovo balzello sarà Iri: imposta sul reddito imprenditoriale. La notizia è inizia a circolare quasi contemporaneamente ai dati divulgati dall’Istat su pressione fiscale, debito pubblico e Pil. Dati, già di per sé non confortanti e rappresentativi di una situazione stagnante.

Le novità dell'imposta sul reddito imprenditoriale (Iri)

Con l’Iri, prevista nella nuova legge di bilancio, chi decide di lasciare i propri redditi in azienda pagherà un’aliquota del 24%.

In più, il reddito dei piccoli lavoratori autonomi sarà legato al criterio di cassa. Di conseguenza, i lavoratori autonomi dovranno pagare sul fatturato. Le novità non mancheranno di suscitare polemiche, soprattutto, tra quel popolo delle partite Iva che non si sente minimamente tutelato e sostenuto. La crisi economica ha colpito, e sta colpendo, pesantemente chi per scelta, o per obbligo, ha deciso di aprire un’attività e di lavorare in proprio per poter vivere (o sopravvivere).

Servirebbe un alleggerimento sostanziale della pressione fiscale

In un momento in cui la pressione fiscale media si è attestata al 43,4%, con punte molto più alte proprio per partite Iva e lavoratori autonomi, l’introduzione di una nuova tassa, come l’Iri, o di novità, come legare il reddito al fatturato, sembra non rispondere proprio alle esigenze delle tante persone interessate.

Probabilmente, quello che chiedono le tantissime partite Iva del nostro paese è un alleggerimento sostanziale e reale della pressione fiscale che troppo incide sull’economia italiana. In poche parole, quello che davvero servirebbe non è l’introduzione di nuovi balzelli dagli acronimi più stravaganti, ma una semplificazione reale del sistema tributario legata ad una concreta diminuzione delle aliquote da pagare. Insomma, non crediamo che l’introduzione dell’Iri possa modificare in meglio una situazione che è, e molto probabilmente rimarrà, difficile e complicata per lungo tempo.