La Tari è la cosiddetta Tassa Rifiuti, ovvero l'imposta comunale istituita con la legge di stabilità del 2014 e che ha preso il posto della precedente imposta denominata Tares. Meno di un mese fa è stato individuato un errore di calcolo nel valore che viene richiesto periodicamente ai contribuenti. Secondo quanto riportato dal Ministero delle Finanze in seguito ad un'interrogazione sull'illegittimità dei calcoli, è stato rilevato come in questi anni la Tari sia stata eccessivamente gonfiata a carico dei contribuenti. In molti comuni italiani, i residenti si sono trovati a versare il doppio dell'imposta sui rifiuti rispetto a quanto effettivamente dovuto.
Calcoli errati e illegittimità della Tari
Il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha ribadito come il calcolo sulla Tari venga effettuato prendendo in considerazione due quote: una fissa in relazione alla dimensione dell'abitazione ed una variabile computata una sola volta in base al numero di componenti del nucleo familiare. In questi anni, però, il calcolo della quota variabile si è basata sulle molteplici pertinenze prese singolarmente (es. box e cantine) e non solo sulla superficie abitabile. Questo ha causato l'eccessivo aumento delle tasse sui rifiuti per i singoli contribuenti.
Il legittimo rimborso
L'illegittimità del calcolo sulla Tari prevede il conseguente rimborso che i contribuenti possono richiedere mediante azione ricorsiva contro gli stessi Comuni.
Il contribuente che vuole agire in autotutela potrà chiedere al Comune di residenza il rimborso di quanto indebitamente pagato, oppure la compensazione sulla futura bolletta mediante raccomandata. È necessario che il contribuente verifichi preventivamente che il calcolo sia stato effettuato in modo scorretto, attraverso "l'accesso agli atti amministrativi", per controllare i reali criteri del calcolo.
La richiesta di rimborso da parte del Comune deve essere effettuata entro 180 giorni dalla presentazione dell'istanza ed entro cinque anni dal giorno del versamento. Questo è stabilito dall'articolo 1, comma 164, della legge Finanziaria del 2007 (n° 296/2006) per le somme versate indebitamente. In caso di silenzio o rifiuto dell'amministrazione (formatosi dopo 90 giorni), il contribuente può ricorrere alla Commissione Tributaria Provinciale competente entro 60 giorni per instaurare un nuovo contenzioso.