Ti taglio le Tasse. È la promessa elettorale più gettonata da tutti i politici, di tutti i tempi, di ogni paese. Di solito funziona, anche perché il popolo, quasi sempre, ha la memoria corta. E così la convinzione che l'impegno a tagliare imposte e balzelli arrivi dritta al cuore degli italiani, in particolare nella loro veste di elettori, ha convinto, anche questa volta i politici di ogni colore a riempire programmi elettorali, manifesti e volantini, di impegni solenni.

In effetti, sembra proprio che in passato le imponenti campagne e gli annunci fatti prima del voto una presa sui cittadini l’abbiano prodotta.

Così, almeno, secondo i giudizi di molti analisti che si sono dedicati soprattutto alla fase prima del 2001, quando il centrodestra a guida Berlusconi lanciò una vera e propria crociata su questo tema. O all’indimenticabile annuncio sull’abolizione dell’Ici, sempre del Cavaliere, all’ultimo istante del confronto con Romano Prodi, a chiusura della campagna del 2006.

Tagliare le tasse senza tagliare il Paese

Questo tipo di promesse deve poi fare i conti con le condizioni delle casse pubbliche, i parametri da rispettare per non trovarsi in dissesto, il rischio di non riuscire a stare al passo con gli altri Paesi nostri concorrenti, in grado di garantire maggiore solidità economica. Le conseguenze di una scarsa attenzione a questi fattori può poi significare aumento dello spread, crescita del debito, insomma una sorta di tassa sulle future generazioni.

A ben vedere anche l’impossibilità o l’incapacità di rispettare questi impegni può essere stata una delle cause scatenanti la disaffezione e il distacco dalla politica negli ultimi decenni, e linfa per i cosiddetti movimenti populisti. L’Europa e l’establishment diventano i bersagli preferiti di queste tendenze e si alimenta uno scontro che genera incertezza per il futuro del Paese.

Pressione fiscale in Italia

  • 2001 - 40,1%
  • 2002 - 39,8
  • 2003 - 40
  • 2004 - 39,3
  • 2005 - 39,1
  • 2006 - 40,2
  • 2007 - 41,5
  • 2008 - 41,3
  • 2009 - 41,8
  • 2010 - 41,6
  • 2011 - 41,6
  • 2012 - 43,6
  • 2013 - 43,6
  • 2014 - 43,4
  • 2015 - 43,4
  • 2016 - 42,7
  • 2017 – 40,3 (Dati Istat)

Chi ha tagliato le tasse, Berlusconi, Monti o i governi Renzi-Gentiloni?

È chiaro che sulla reale possibilità di interventi incidono le generali condizioni dell’economia nazionale e internazionale.

I dati Istat sulla reale pressione fiscale ci dicono che nelle legislature precedenti a questa, si sono registrati lievi aumenti o, quando è andata meglio, una situazione sostanzialmente in pareggio. Questo vale per i tre governi Berlusconi così come per i cosiddetti governi tecnici. Ma è un dato che ha riguardato anche la fase del governo della cosiddetta Unione fra il 2006 e il 2008. In quegli anni, però, il debito è rimasto stabile se non addirittura diminuito: 2006 (102,6%), 2007 (99,8%), 2008 (102,4), dal 2009 in poi impennata (112,5%).

Meno tasse e più misure di rilancio

Nell'attuale legislatura, con i governi Renzi e Gentiloni, c’è stato un reale calo percentuale di 3 punti in relazione al Pil, con misure mirate, capaci di innescare processi di crescita.

Con quali scelte è stata portata avanti la diminuzione del peso fiscale? Secondo il centrodestra l'attuale governo non ha fatto abbastanza per il rilancio dell'economia e in particolare delle imprese, mentre da parte dell'esecutivo si è risposto elencando la lunga serie di misure adottate:

  • la riduzione dell’Iperf per milioni di lavoratori attraverso i famosi 80 euro,
  • l’abolizione delle tasse sulle prime case non di lusso,
  • la riduzione del canone Rai,
  • la riduzione dell’Ires e l’eliminazione della componente costo del lavoro dall’Irap per le imprese;
  • l’eliminazione dell’Imu e dell’Irap per gli agricoltori e dell'Imu sugli imbullonati per le imprese,
  • il nuovo regime agevolato e semplificato per le partite Iva di professionisti e lavoratori autonomi di piccole dimensioni.

Si è trattato di qualche miliardo di euro di tasse in meno in una fase di uscita dalla crisi che ha significato ossigeno per molti lavoratori e molte imprese e che ha dato un contributo alla ripresa economica dell'Italia. Ripresa che tutti si augurano, da Confindustria alle associazioni artigiane, non venga fermata dopo le elezioni del 4 marzo.