Non è solo l'articolo 4 del Decreto Fiscale a presentare delle incertezze interpretative che, come abbiamo messo in evidenza su Blasting News proprio ieri, ha avuto bisogno di un'interpretazione autentica da parte del Direttore Generale dell'Agenzia delle Entrate Antonino Maggiore. Ora sembra proprio che altre norme contenute nel Decreto Fiscale diano adito a comportamenti non proprio ortodossi dal punto di vista fiscale. L'occasione, anche in questo caso, è l'audizione davanti al Senato della Repubblica del Presidente della Corte dei Conti, Angelo Buscema, sul Decreto Fiscale.

In particolare, sono due gli aspetti di vulnerabilità evidenziati dal Presidente Buscema che preoccupano non poco la magistratura contabile. In primo luogo, potrebbero essere rilevati dei profili di incostituzionalità relativamente all'aliquota del 20% prevista nel Condono. E, in secondo luogo, la Corte dei Conti teme una fuga dei contribuenti - debitori dopo il pagamento della prima rata del Condono Fiscale.

La scappatoia della formulazione ambigua della norma sul condono

I timori del Presidente della Corte dei Conti nascono dal fatto che il dettato letterale della norma sul condono contenuta nel Decreto Fiscale porta a ritenere che non siano perseguibili né tanto meno punibili i reati collegati alla presentazione di dichiarazioni fraudolente.

L'esempio citato è quelle delle fatture false per operazioni inesistenti. Ma lo stesso problema si pone per la predisposizione di una dichiarazione fraudolenta mediante "altri artifici". In pratica, la magistratura contabile fa diretto riferimento a quanto disposto negli articoli 2 e 3 del Decreto Fiscale. Il dettato normativo, infatti, secondo il Presidente Buscema non prevede un meccanismo di accertamento e rivelazione per tali casistiche generando notevoli difficoltà.

Inoltre, dato che la norma in oggetto dichiara espressamente che " in caso di pagamento rateale la definizione dei processi verbali e degli atti di accertamento si perfeziona con il pagamento della prima rata", molti contribuenti - debitori potrebbero cogliere la palla al balzo per bloccare le procedure esecutive nei loro confronti effettuando il primo pagamento e poi rendersi uccel di bosco. Una pratica già verificatasi nel 2003 che ha portato alla mancata riscossione di notevoli importi da parte dell'Erario fa notare Buscema.

Il rischio di incostituzionalità dell'aliquota al 20%

Secondo quanto rilevato dalla magistratura contabile l'aliquota del 20% stabilita dalle nuove norme del Decreto Fiscale è inferiore, in molti casi, a quella prevista per le scadenze ordinarie. Di fatto, quindi, il Decreto Fiscale istituisce un adempimento tardivo senza prevedere alcun tipo di aggravio. Questa struttura della norma potrebbe essere considerata una violazione dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale nel 1986. Il Presidente della Corte dei Conti si riferirebbe alla sentenza n°175 del 1986 che ha bocciato, almeno in parte, il condono del 1982. Infine il Presidente Buscema evidenzia come anche il tetto massimo dei 100 mila euro potrebbe portare ad una riduzione degli imponibili integrabili e, quindi, recuperabili effettivamente a gettito.