Il governo, in vista della legge di Bilancio che il prossimo mese, come prassi, dovrebbe essere presentata alle Camere, starebbe pensando di aumentare l'Iva. La sorpresa è che non si tratta delle tanto discusse clausole di salvaguardia, quelle clausole assicurative che quasi ogni anno minano le manovre finanziarie dei governi e che vanno detonate. L'aumento dell'Iva che il governo Conte bis starebbe pensando di varare, sarebbe una misura collegata alla lotta all'utilizzo del contante ed alla conseguente guerra all'evasione fiscale. L'idea, riportata da numerosi siti web, giornali e altri mezzi di informazione, avrebbe fatto capolino nel summit tra Presidente del Consiglio Conte e il Ministro dell'Economia Gualtieri.

Per alcune tipologie di acquisti da parte dei contribuenti, siano essi prodotti o servizi, l'ipotesi è di aumentare dell'1% l'aliquota Iva applicata nel caso si scegliesse il contante come metodo di pagamento. In altri termini, si pensa ad un aumento selettivo dell'Iva, per colpire gli acquisti nei settori ritenuti ad alto rischio di evasione.

Aumento Iva, +1%

Per molti appare un controsenso che il governo, da un lato stia lavorando per detonare le clausole di salvaguardia che prevedono l'aumento dell'Iva, mentre dall'altro pensa ad aumentarla su determinati settori. L'ipotesi si incastra e rientra nell'operazione che produrrebbe sconti del 2% a chi invece utilizza carte di credito, carte di debito, bancomat ed altri strumenti di pagamento tracciabili per pagare gli acquisti.

In parole povere, usare il contante potrebbe provocare un aumento pari all'1% dell'Iva sul corrispettivo da pagare per i contribuenti che acquistano qualcosa, mentre utilizzare il bancomat per esempio, produrrebbe uno sconto del 2%. L’Iva quindi, non aumenterà per colpa delle clausole di salvaguardia ma per volontà dell'esecutivo e come strumento di contrasto all’evasione.

Chi utilizzerà gli strumenti tracciabili pagherà meno Tasse.

Sconti per chi non usa il contante

L'Iva quindi salirebbe di un punto percentuale su determinati acquisti di beni o servizi il cui elenco dovrebbe contenere quelle fattispecie di spese che statisticamente generano le percentuali maggiori di evasione fiscale. Basti pensare al ristoratore che non emette scontrino o ricevuta, tanto per fare un esempio concreto.

In pratica, andare al ristorante e pagare in contanti costringerà il consumatore finale a pagare l'11% di Iva invece che il 10% attuale. Per contro, se si sceglierà di pagare con carte di credito, si potrebbe pagare l'8% di Iva, cioè un 2% in meno dell'attuale aliquota ed il 3% in meno del vicino di tavolo che paga invece in contanti. Una cosa simile potrebbe accadere anche per i pagamenti per le camere di albergo, per le ristrutturazioni delle case o per l'acquisto di prodotti tecnologici. In verità, come riporta un esaustivo articolo di approfondimento del sito di informazione legale "laleggepertutti.it", non si tratterebbe di uno sconto vero e proprio, ma piuttosto di un credito di imposta da recuperare in sede di dichiarazione dei redditi o tramite rimborsi mensili da parte delle banche presso cui si detengono i conti collegati alle carte di credito.