La Corte di Cassazione, recentemente, con l'Ordinanza n° 25854 della Prima Sezione Civile è intervenuta a precisare che le sanzioni Iva devono godere di un privilegio generale all'interno della procedura fallimentare come previsto anche dall'articolo 2752 del Codice civile italiano.

I fatti che hanno portato alla decisione della Corte

La Suprema Corte si è trovata a giudicare il ricorso presentato dal Curatore fallimentare di una Sas fiorentina che si era visto rigettare il ricorso contro Equitalia Spa volto ad evitare l'ammissione in via privilegiata dell'ex Agente della Riscossione al passivo fallimentare per delle sanzioni Iva di importo considerevole.

Infatti, si trattava di quasi 288.000 euro. La Corte territoriale infatti, basando il proprio ragionamento sul dettato dell'articolo 2752 del Codice Civile faceva notare come le sanzioni Iva fossero assistite da un privilegio generale, di conseguenza l'eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dalla curatela fallimentare doveva necessariamente ritenersi infondata.

La curatela fallimentare ha, quindi, presentato ricorso per Cassazione contro la decisione della Corte territoriale. La ricorrente, infatti, sosteneva che la natura afflittiva delle sanzioni Iva costituisse una ragione sufficiente per escludere le stesse dall'inserimento nel passivo fallimentare. E questo perché secondo la curatela fallimentare le sanzioni avrebbero carattere strettamente personale.

Di conseguenza non potrebbero essere addebitate ad un soggetto diverso come la curatela fallimentare. Inoltre, secondo la curatela fallimentare la Corte territoriale avrebbe erroneamente applicato alla procedura fallimentare le disposizioni dell'articolo 2752 del codice civile. Secondo la ricorrente curatela fallimentare, infatti, le disposizioni contenute nell'articolo 2752 del codice civile si applicherebbero, esclusivamente, alle procedure esecutive di carattere non concorsuale nelle quali non si verifica la liquidazione dell'intero patrimonio del debitore.

La decisione della Corte

Il Supremo Collegio ha dichiarato inammissibile il ricorso della curatela fallimentare ricorrente. La Suprema Corte di Cassazione ha riconosciuto corretta l'interpretazione della Corte territoriale che, viene evidenziato dalla Cassazione, ha rilevato che il carattere afflittivo della sanzione Iva non è affatto incompatibile con l'operatività della disposizione sul privilegio generale dettata dall'articolo 2752 del Codice civile.

Il giudice di legittimità conferma inoltre che nel caso della procedura concorsuale fallimentare non si verifica alcuna traslazione del soggetto passivo del tributo ma, come affermato dalla Corte territoriale, un mero spossessamento del debitore originario. Di conseguenza, i crediti fiscali concorrono con tutti gli altri crediti nei confronti del medesimo debitore.

Inoltre, la Suprema Corte richiama, a conferma della decisione, un suo consolidato orientamento in base al quale tutte le sanzioni pecuniarie comminate per la violazione di norme tributarie commesse prima della dichiarazione di fallimento devono rispettare le disposizioni di carattere civilistico. E questo in quanto l'amministrazione finanziaria stessa deve soddisfare i propri crediti rispettando le regole della concorsualità dei creditori.

Se, infatti, la Pubblica Amministrazione finanziaria dovesse attendere che, come si dice, il fallimento sia tornato "in bonis" si realizzerebbe un danno all'erario che non si vedrebbe pagate le sanzioni. Inoltre verrebbe violata, secondo la Cassazione, la disciplina imperativa che sta alla base dell'articolo 2752 del Codice civile. Per tali motivi il ricorso è stato rigettato e confermata l'interpretazione della Corte territoriale.