La WCIT-12, organizzata dall'ITU – International Telecommunication Union - l'agenzia ONU responsabile di regolamentare le tecnologie di informazione e comunicazione e a cui aderiscono 193 Stati membri e circa 700 organizzazioni private di settore, senza diritto di voto. doveva revisionare gli ITR – International Rules for Telecommunications - il cui ultimo aggiornamento risaliva a 24 anni prima, Melbourne 1988, quando Internet era ancora in fasce e i protocolli riguardavano comunicazioni via voce.

Nonostante le dichiarazioni del suo Segretario Generale che il WCIT non avrebbe toccato argomenti connessi ad internet, il testo finale sottoposto da ITU alla ratifica dei paesi membri conteneva due punti fortemente sostenuti da Russia e da altri paesi totalitari quali Iran, Cina, ecc.:

  • i singoli governi hanno il diritto di limitare o bloccare ogni informazione disseminata via Internet e possono creare un regime globale di monitoraggio delle comunicazioni in Internet, inclusa la richiesta che chi invia o riceve l'informazione debba identificarsi;
  • i governi possono chiudere Internet se hanno il sospetto che vi possa essere interferenza negli affari interni di un altro Stato o che informazioni di natura sensibile possano essere condivise con altri.

 

Quanto sopra contrasta con la risoluzione, sia pure non vincolante, approvata all'unanimità un mese prima, il 5 luglio 2012, dai 47 membri del Consiglio dei Diritti Umani delle stesse Nazioni Unite, inclusi paesi inclini alla censura come Cina e Cuba.

La risoluzione afferma che “gli stessi diritti di cui godono le persone offline devono essere protetti anche quando esse sono online, in particolare la libertà di espressione si deve poter applicare senza tener conto delle frontiere e con qualsiasi mezzo di comunicazione uno scelga”.

Il documento finale ITR è stato firmato da 89 paesi guidati da Russia, Cina, Iran, e Medio Oriente, mentre 55 paesi, fra cui Stati Uniti, Canada, UK, Australia, India, il blocco Europeo compresa l'Italia, hanno rifiutato di ratificare le nuove regole.

Lo scontro è soprattutto culturale, fra chi crede nei principi guida che hanno portato allo sviluppo di un Internet multi-lingue e multi-culturale - leadership del settore privato, dialogo multi-stakeholder aperto a tutti, accordi commerciali per incrementare innovazione ed investimenti - e chi spinge per una regolamentazione dall'alto attraverso l'agenzia ITU dell'ONU, dove i paesi in via di sviluppo sono in maggioranza, e dove, con il pretesto di garantire la sicurezza online attraverso il controllo dello spam, si intende spianare la strada ad abusi di potere, censura e repressione.

Il trattato nella sua completezza può essere ratificato solo con il consenso degli Stati Uniti, il che significa che da una parte i paesi totalitari continueranno ad esercitare senza remore la loro censura su Internet, come già stanno facendo, e dall'altra i paesi liberi cercheranno di mantenere la democrazia di Internet, anche se anche fra di essi si sono sono talora registrati tentativi - mascherati da interventi pro-sicurezza - di limitare non tanto l'accesso, quanto i contenuti di Internet.