L'attentato di Parigi ha avuto lo stesso effetto che si ha lasciando cadere un mazzo di bastoncini di Shanghai: ognuno di essi prende una direzione diversa da tutti gli altri, creando il caos. In questo stesso modo si comporta l'Europa in merito alle tattiche per combattere il terrorismo: dato che ora è panico nel vecchio continente, si pensa a rivedere la strategia di lotta contro questa minaccia, fino ad ora decisamente troppo sottovalutata.

Una proposta in riguardo arriva dal premier britannico David Cameron, il quale punta il dito contro le applicazioni di messaggistica istantanea come Whatsapp, iMessagge, Snapchat e tutte quelle che non permettono il controllo dei contenuti da parte dei servizi segreti.

Quello che si teme, non avendo il controllo da parte del governo su questi sistemi è che, tramite essi, i terroristi riescano a scambiarsi liberamente informazioni o peggio; la paura è quella che riescano ad agire indisturbati proprio sotto il nostro naso, ancora una volta, come i fatti della scorsa settimana dimostrano essere già accaduto.

Il premier chiede quindi, cavalcando l'onda del panico dell'ultimo periodo, una finestra backdoor su queste applicazioni con lo scopo di avere libero accesso alle conversazioni di miliardi di utenti o altrimenti le stesse verranno chiuse e dichiarate illegali in tutto il Regno Unito. Questa proposta, che verrà discussa solo in caso di vittoria del conservatore Cameron, mette in bilico il diritto alla privacy non solo dei terroristi, ma anche del popolo inglese e non solo.

Il fatto che la strage fosse stata preannunciata sia dalle stesse vittime, con un'ironia che oggi ha un sapore amaro, sia con un avvertimento da parte dello stato islamico alla città di Parigi, mi fa pensare che un modo, diverso dalla negazione del diritto di privacy, per evitare non solo questo attentato ma anche ogni futuro tentativo simile, sia già possibile sin da oggi. Non dobbiamo consegnare i nostri diritti nelle mani di chi ci governa, privandocene, per essere protetti, ma è loro compito proteggerci perché nessuno ci privi mai di un nostro diritto.