La nascita e il consecutivo sviluppo di Internet ha comportato due cose: un netto cambiamento nei mezzi di comunicazione e, tanti grattacapi per i legislatori italiani che, hanno dovuto "adattare" vecchie leggi a tanti casi nuovi. Prima tra tutte va menzionata la lotta alla pirateria, combattuta a suon di multe salate e pene detentivepoi, con il boom di social network come Facebook, sono entrati in gioco violazione della privacy e sopratutto diffamazione.
Già, perché il buon vecchio "faccialibro" viene considerato "mezzo di pubblicità", come la stampa e, qualsiasi attività diffamatoria portata a termine su uno di questi mezzi, comporta, secondo la legge italiana, da 6 a 3 anni di carcere e il pagamento di una multa non inferiore a 516 euro.
Vediamo il tutto nel dettaglio.
Post d'insulti su Facebook, ecco i tre fattori che fanno scattare il reato.
Per la diffamazione di applica l'articolo 595 del Codice Penale: " ...Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altra forma di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è la reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad € 516,00"
Ma,come tutti i reati che si rispettino, anche quello di "diffamazione on-line", deve contenere in se "tre fattori" per essere considerato tale:
- L'offesa alla reputazione - Il fatto che si scrivano post d'insulti dedicati all'ex datore di lavoro senza specificare il suo nome non fa differenza perchè, il solo parlare di un licenziamento recente lo rende identificabile.
- La comunicazione - Tale messaggio deve essere letto da più persone, come appunto succede pubblicandolo su Facebook.
- La consapevolezza d'offendere - Il post in questione deve contenere espressioni offensive con la consapevolezza di offendere.
Quindi, inutile sperare che il " non specificare il destinatario delle offese " ci possa tutelare perché non è cosi: basta un piccolo indizio, che riporti in qualche modo all'identità della persona che sporge denuncia contro di voi, per essere immediatamente condannati.
Diffamazione su Facebook, ecco i vari casi denunciati
Come ben tutti sappiamo, il nostro ordinamento giuridico risale niente di meno che agli anni 40, per questo i giuristi sono particolarmente intransigenti nell'applicare tali leggi in materia di " diffamazione on-line " : i social hanno un potere di diffusività quasi illimitato.
Da qui, la lunga serie di cause iniziate, e quasi sempre vinte, dai destinatari di commenti offensivi alle foto, o di critiche un pò troppo pesanti. Nel 2010 per esempio, un ragazzo ha pubblicato dei commenti offensivi sotto alcune foto di una sua ex, prendendola in giro per un difetto fisico: questa l'ha denunciato e ha ottenuto un risarcimento di 15 mila euro.
Ma, non crediate che basti evitare di scrivere parole pesanti per non essere denunciati. Anche esprimere una propria idea, o una critica, può costare caro. Nel 2013, una giornalista è stata citata in giudizio per aver criticato su Facebook un cartellone pubblicitario, dove una bambina, fotografata mentre si trucca, afferma : " Farò l'estetista, ho sempre avuto le idee chiare".
Quindi, onde evitare d'incorrere in problemi anche abbastanza gravi, forse è meglio abbandonare l'idea della "libera espressione" e fare attenzione a quel che si scrive: non si sa mai,