Questa volta la potenza del colosso tecnologico Apple accusa il colpo e china il capo al cospetto della Repubblica Popolare Cinese.
L'azienda di Cupertino è obbligata a sottostare al giro di vite cinese
Possiamo immaginare i borbottii e le lamentele che saranno circolati negli uffici di Apple a Cupertino, nella Contea di Santa Clara in California. Il potere ottenuto e consolidato di uno dei capi fila della tecnologia mondiale, oggi accusa una battuta d'arresto di fronte alle mura dell'impenetrabile fortezza popolar-comunista.
La Apple, a seguito delle pressioni subite da parte del governo della Repubblica Popolare, ha ceduto e acconsentito a consegnare i dati dei propri clienti del mercato cinese.
In caso di rifiuto dell'azienda americana sarebbe plausibile l'esclusione dal commercio più vasto del mondo. Entro la fine di questo mese l'azienda dovrà consegnare al governo i dati personali degli utenti cinesi di iCloud, cioè la 'nuvola' su cui conservare documenti, dati personali, foto, messaggi ed email.
La possibilità si è venuta a creare successivamente all'entrata in vigore nel giugno 2017 della Cyber Security Law. Nello specifico la legge obbliga ogni cittadino e ogni azienda ad utilizzare esclusivamente server cinesi. Tutte le aziende che commerciano con la Cina sono obbligate a traslare i dati dai loro server a quelli del Dragone.
Cosa comporta in termini di sicurezza?
Secondo la volontà del partito comunista, il quale lo è ormai a fasi alterne, il concetto della privacy è da considerarsi pubblico e soggetto agli organi di controllo.
Peccato che nella Cina ultra-capitalista l'idea di una privacy pubblica lascia perplessi e mai dovrebbe essere sottovalutata. La Cyber Security Law, abbreviata CSL, prevede la raccolta e la vendita di informazioni definite irrilevanti e l'eventuale distruzione di informazioni personali in caso di abuso. Esplode così infine un'inevitabile questione morale...
chi raccoglie e vende le informazioni e a chi? Chi stabilisce cosa sia un abuso?
Ovviamente la Cina rimane una dittatura in tutto e per tutto, semmai la si potrebbe rinominare Repubblica Popolare Capitalista Cinese sotto il comando del condottiero Xi Jinping, riconfermato nell'autunno scorso per altri 5 anni.
Ironia a parte, il popolo cinese e chiunque abbia a che fare con esso, sarà soggetto a questa silenziosa protezione tanto sbandierata dal Presidente Xi Jinping.
Secondo lo stesso Presidente dall'uso di internet può beneficiarne sia il popolo che il paese. Strana distinzione per un paese che si dichiara comunista. Il mercato cinese vanta 730 milioni di utenti attivi e 700 milioni di utenti via telefono superando così l'intera Unione europea. Se si tiene conto che l'e-commerce nei prossimi tre anni potrebbe fatturare fino a 5.500 miliardi di dollari la questione si fa decisamente rilevante.
Sin dall'inizio del suo percorso comunista, la Cina ha sempre subito e fatto subire gravi soprusi ai diritti fondamentali dell'uomo e, con la rivoluzione tecnologica, la morsa di supremazia del partito non accenna a diminuire. Associazioni internazionali parlano di possibile rintraccio dei dissidenti tramite il web.
Giusto due settimane fa, l'Osservatorio internazionale sulla libertà di stampa Reporters sans frontièrs ha invitato blogger e giornalisti che si trovano in Cina a non usare iCloud per evitare di essere spiati dal governo.