Nell’era di internet e dei social network il copyright, il diritto d’autore, deve essere ripensato. Il Parlamento Europeo su proposta del Consiglio Europeo sta pensando di attuare una riforma del diritto d’autore, così da rendere le norme al passo con i tempi.

Tempi nuovi

La proposta sembra più che legittima e anzi necessaria se non fosse per l’articolo 11 del testo della riforma. Questo articolo, rinominato come Link Tax, ha come obiettivo quello di imporre una tassa sulle anteprime degli articoli, i cosiddetti snippet. La norma vorrebbe creare un obbligo per i siti di aggregatori di notizie, Facebook e Google per primi.

Questi prima di pubblicare sulle proprie piattaforme i link agli articoli dovrebbero pagare una licenza agli editori.

Questa norma sta incontrando pareri contrastanti. C’è chi pensa che sia un buon modo per combattere i colossi del web e dare fiato agli editori e chi, come Julia Reda, europarlamentare del partito dei pirati, che pensa sia una limitazione della libertà d’informazione e una tragedia per i piccoli editori. La Reda il 02 aprile 2018 ha scritto: “Numerosi studiosi, accademici e stakeholder hanno avvertito sulla pericolosità di questa legge per l'esistenza di Internet, dunque per Wikipedia, la piccola editoria e per l’intero sistema open source. Una delle proposte del Parlamento riguardante la link tax è di adottare la stessa proposta che in Spagna ha fallito clamorosamente.

Si intende obbligare i siti di news a farsi pagare una licenza per essere linkati, che lo vogliano o no. Questa misura implicherebbe un danno incommensurabile per i piccoli gruppi editoriali e le realtà innovative, considerato il calo del traffico in rete registrato in Spagna, dunque una vera catastrofe per il pluralismo mediatico dell'Europa”.

L’idea alla base di questa norma è che c’è chi guadagna dalla condivisione dei contenuti ma che non divide con i creatori degli stessi i guadagni. Norma idealmente ancora più legittima se si pensa che la maggior parte degli utenti si informa solo utilizzando le anteprime delle notizie. La norma, idealmente giusta, non tiene conto del fallimentare esempio spagnolo.

Stato che ha tentato qualche anno fa la stessa strada.

In Spagna, infatti, l’approvazione di un norma di simile all’articolo 11 ha portato ad un braccio di ferro tra lo Stato e Google. Il colosso di internet non ha ceduto, non solo ha deciso di non pagare ma ha anche risposto chiudendo Google News. La chiusura dell’aggregatore di notizie di Google ha portato al calo del traffico sui siti d’informazione tra il 6 e il 14%, un calo tutt’altro che trascurabile.

L’importanza dei siti di aggregazione di notizie è stata sottolineata da Matteo Rainisio, vicepresidente dell’Associazione Nazionale della Stampa Online (ANSO) che in un’intervista a Wired ha affermato: “Per l'editoria di piccole dimensioni, Google News è una realtà non trascurabile.

Tuttavia, applicare il modello spagnolo costituirebbe un vero problema. Una grande quantità di link viene condivisa dalle piattaforme che aggregano notizie. Nello stato spagnolo, non esistono più i siti aggregatori di notizie, tant'è vero che ora anche il traffico è diminuito. Siamo molto perplessi e in balia della preoccupazione in quanto non sapremo quale impatto potrà avere una simile legge sui lettori di Facebook".

Una situazione decisamente complicata che però necessita di ancora alcuni passaggi prima di essere ratificata ed entrare in vigore. Il 24 aprile verrà votata dalla in commissione JURI (Affari Legali) che valuterà la legalità della proposta di riforma. Un passaggio cruciale data la stretta connessione col diritto d’informazione. Tra qualche mese sapremo come andrà a finire.