Per la serie BlastingTalks intervistiamo Federica Micoli. Strategist e autrice, cosmopolita di vocazione, che ha vissuto e vive molte vite in una. Ha indossato il burqa in Arabia Saudita, fatto meditazione zen in un monastero fuori Tokyo e bevuto vodka in Siberia. Export manager prima e digital pr, social media manager e consulente commerciale poi nel mondo della moda, scopre una nuova passione che riesce a trasformare in lavoro.
Blasting Talks è una serie d'interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali.
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Federica, la sua storia è forse l’insieme di tante storie che si sovrappongono: come definirebbe oggi il suo ruolo?
Sono una digital strategist, attraverso i miei corsi e consulenze spiego alle persone come creare contenuti per vendere di più e come ottimizzare la propria presenza su social media e web. In poche parole insegno a comunicare il proprio prodotto, servizio o progetto, nel miglior modo possibile e con la strategia più adatta. Perché, come dico sempre, non esiste la strategia perfetta. Esiste la strategia giusta per ogni progetto. Seguo principalmente chi si occupa di vendita di servizi e di moda, vista la mia esperienza nel settore: undici anni come export manager in due aziende moda, anni nei quali ho lavorato nel settore commerciale e marketing.
Lavoro con le aziende e professionisti per aiutarli a costruire la loro brand image. In sintesi, lavoro su diversi fronti ma tutto è riconducibile alla comunicazione del proprio progetto.
Nel 2014 ha aperto il blog Closette.it, che ha raggiunto più di 3 milioni di click: quali scelte a suo parere hanno portato a differenziarla e a farla emergere?
Per prima cosa direi che erano altri tempi. Parliamo di un’epoca durante la quale i blog funzionavano molto… e con lo spirito dei veri blog. Il mio blog è partito semplicemente come un diario nel quale raccontavo la mia vita. Il successo secondo me nacque dal fatto che era un semplice diario virtuale e non un progetto con un obiettivo economico.
In sintesi, il blog è nato un po’ per caso, il successo e i suoi risultati sono stati probabilmente conseguenza della mia esperienza pregressa. Le persone ne hanno apprezzato l’autenticità e la genuinità. Solo successivamente è diventato un business. Col tempo la maggior parte delle persone ha iniziato ad aprire i propri blog e profili social con l’unico fine di monetizzare, motivo per cui probabilmente il settore ha iniziato a soffrire.
Nel 2020 ha pubblicato il libro “È stata sfiga a prima vista”: da dov’è partita l’idea creativa e quale obiettivo si è posta?
Il libro è nato sempre dalla mia community, sviluppatasi prima con il blog e poi con i social media. Raccontavo il mio quotidiano, ma anche le mie “sfighe”.
Situazioni di vita difficili e delicate, che però ho deciso di utilizzare come spunti di riflessione e di crescita personale. L’obiettivo era spiegare alle persone che, nonostante le difficoltà e le cadute, ci si può rialzare sempre. E nel momento in cui ci si riesce, tutto assume una visione positiva. Da questi presupposti e dal riscontro ottenuto dalla community, è nata l’idea di scrivere il libro.
Perché ha scelto di produrre una tesi sperimentale a Tokyo e in che modo i viaggi hanno influenzato il suo approccio alla vita?
I viaggi hanno sicuramente segnato la mia vita in positivo. Una passione che, insieme alla moda, coltivo da quando andavo al liceo. Decisi di iscrivermi a Lingue e Civiltà Orientali, prima lingua giapponese.
Ho vissuto tre mesi a Tokyo, dove ho preparato la mia tesi sperimentale, vivendo con una famiglia giapponese tradizionale, esperienza unica. Dopo la laurea ho frequentato un master in Marketing e comunicazione della moda e dei beni di lusso. Successivamente ho dovuto mettere da parte il Giappone per “spostarmi” verso Russia e Medio Oriente, miei mercati di riferimento durante il mio lavoro di manager. Tutte esperienze che mi hanno fatto comprendere quanto viaggiare fosse importante per avere una visone del mondo molto più aperta. E di conseguenza una mente più ampia, elastica aperta al cambiamento.
Come sta vivendo le crisi che si sono susseguite in questi anni? Dopo la crescita del digitale avvenuta con la pandemia ora si parla di una forte flessione dei budget destinati alla comunicazione: qual è il suo riscontro?
Tutto è in veloce trasformazione. Sono cambiati i clienti e gli utenti delle piattaforme digitali. Sono cambiati i budget da parte delle aziende e i social stessi sono in una fase di cambiamento importante: le persone sono stanche di vedere queste immagini di vita completamente distorte, perfette e disconnesse dalla realtà. Quello che inizia ad emergere da parte di chi utilizza questo strumento per motivi di lavoro, è sicuramente frustrazione e demotivazione. Così, oggi l’obiettivo nel settore non è più cercare di ottenere un grande successo, ma riuscire a sopravvivere a questa tempesta digitale. E per farlo occorrono strumenti giusti, obiettivi chiari e soprattutto a lungo termine.
Può dare un consiglio a tutti coloro che vorrebbero intraprendere la carriera di blogger o influencer?
Sarò tranchant ma oggi non consiglierei mai di intraprendere questa carriera e sto rifiutando le numerose richieste di consulenze da parte di aspiranti influencer . Dal punto di vista delle entrate, bisogna tenere in conto la forte riduzione dei budget da parte delle aziende. Molte di esse in questi anni hanno investito tanto negli influencer senza ottenere i risultati sperati. L’immagine sbagliata di un lavoro facile, che porta grandi guadagni senza sforzo, ha aperto le porte di questo mercato a moltissime figure che, improvvisandosi influencer, hanno agito in modo scorretto con azioni quali l’acquisto di follower fake e la partecipazione a gruppi Telegram per aumentare (o costruire) l’engagement.
Così facendo, il livello di questa professione si è abbassato moltissimo, e di conseguenza anche i budget ad essa destinati. Oggi, salvo rari casi di figure estremamente professionali e con un seguito reale e attivo, per poter vivere di questo lavoro, è necessario accettare moltissime collaborazioni, cosa che va in contrasto con la propria credibilità e quindi la fiducia della propria community. Il rischio è quello di diventare un canale pubblicitario che propone prevalentemente “televendite”. E chi oggi, sui social media, vorrebbe ricevere solo questo genere di contenuti e preferirli a quelli utili o di intrattenimento?
Guardando al futuro, quali sono le nuove tendenze emergenti nel settore?
E quali sono i suoi prossimi progetti?
Funzionerà chi occupa uno spazio avendo qualcosa da dire. E soprattutto qualcosa di utile. Funzionerà chi riconosce come fondamentale la qualità del prodotto e servizio ma anche e soprattutto il rapporto con il cliente. Andrà avanti chi ha capito l’importanza della persone con cui si parla anche dietro uno schermo. Andrà avanti chi sarà se stesso e difenderà i propri valori, al di là delle tendenze del momento o del numero dei follower. Riguardo ai nuovi progetti, proseguirò con i miei corsi (molti nuovi in arrivo) e le consulenze oltre naturalmente alla mia passione per la moda che mi vedrà lanciare una Capsule Collection insieme ad un brand Made in Italy.
Infine, il mio secondo libro in uscita tra febbraio e marzo, che svelerà tante dinamiche dietro al mondo social.
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